domenica 4 luglio 2021

L'urgenza di una legge contro l'omotransfobia e il punto di caduta che potevamo trovare noi

 
Proposta di legge depositata nel 2018 da Ivan Scalfarotto, all'epoca parlamentare democratico

Il dibattito sulla proposta di legge Zan è giunto da tempo ad un livello di polarizzazione eccessivo che è controproducente per la legge stessa. Prova ne è il dibattito social scaturito in seguito alla richiesta di Italia Viva di mediare, convergendo su un testo di legge che 3 anni fa era stato sottoscritto anche da tanti parlamentari del Partito Democratico. Un testo di legge evidentemente messo nel cassetto per dare spazio invece alla proposta di Zan, già approvata alla Camera ma che ora rischia di arenarsi al Senato in quanto, oggettivamente, non abbiamo i numeri. Mancano i voti dei 14 senatori di Italia Viva, ma mancano anche i voti di qualche senatrice del Partito Democratico e di diversi esponenti del MoVimento 5 Stelle, per cui certamente la differenza tra i favorevoli e i contrari è superiore ai 50-60 senatori, e nel voto segreto può solo aumentare. 

Il fanatismo e la necessità di mettere una bandierina sulla legge contro l'omotransfobia non possono sostituire i voti in aula. Il dibattito nei gruppi WhatsApp, sotto ai post Facebook, gli appelli social e le pressioni legittime di una minoranza non possono in alcun modo sostituire il lavoro che i nostri parlamentari sono delegati e titolati a fare nelle Commissioni e in entrambe le Camere: deve essere necessariamente un lavoro di approfondimento, di studio delle implicazioni giuridiche successive all'eventuale entrata in vigore del testo di legge, ma anche un lavoro di mediazione e di presa in carico delle istanze di tutte le parti e di tutti coloro che hanno fatto attività di lobbying esterna - più o meno legittima - in quanto coinvolti nei temi trattati dal disegno di legge. 


Post di oggi dalla pagina Facebook di Arcilesbica


Se ci sono associazioni, anche di categoria ed interessate al tema direttamente come ad esempio Arcilesbica, (qui il documento da loro prodotto) che hanno posto da tempo la necessità di valutare degli emendamenti, quelle associazioni vanno ascoltate nella sede preposta cioè nella Commissione che si occuperà di questo testo di legge. Lo stesso vale per le associazioni femministe che hanno chiesto di essere audite in quanto all'interno del disegno di legge si parla anche di misoginia, quindi sì, ci riguarda tutte come donne, perché scrivere che un uomo può definirsi donna sulla base di una sua scelta e senza aver completato un percorso di transizione è un problema che riguarderà anche gli spazi delle donne: ad esempio un carcere femminile, un bagno pubblico, una competizione sportiva femminile. 

Tutti i dubbi riguardo all'inserire all'interno di un testo giuridico una definizione di identità di genere che di fatto è una "non definizione" in quanto basata su un "percepito e manifestato", sono dubbi legittimi che probabilmente possono essere superati o si può trovare una via d'uscita condivisibile da tutte le parti coinvolte ma per farlo occorre parlarne, e occorre che a parlarne siano i nostri parlamentari nella sede preposta e che non ci sia invece una spinta continua a schierarsi per obbligo da una parte o dall'altra. 

Dunque ora trovare il punto di caduta dovrebbe essere un lavoro da fare insieme con tutti i partiti di maggioranza e non un lavoro da lasciare a Italia Viva, ma per fare questo dovremo innanzitutto mettere da parte le bandierine e avere la volontà precisa di portare a casa il risultato, un risultato che serve innanzitutto alle vittime di violenza omotransfobica, e che deve essere progressista e al passo con i tempi ma comunque allineato a ciò che la nostra società è predisposta ad accettare. Come Partito Democratico dovremmo essere i primi a voler spiegare la complessità senza inutili semplificazioni pro o contro, senza incentivare il fanatismo e l'aggregazione dei militanti intorno ad una bandiera, e a voler invece aiutare il raggiungimento di un testo che sia condiviso con le altre forze politiche e condivisibile con la maggior parte dei nostri elettori, iscritti e militanti, che non necessariamente sottoscrivono una fluidità che vede prioritaria nella definizione del genere l'essere conforme o contrastante alle aspettative sociali piuttosto che il sesso biologico. La legge contro l'omotransfobia è urgente, e proprio perché è urgente occorre convergere su un testo che non contenga anche altro, cioè un testo che non lasci spazio a dubbi sul fatto che gli spazi delle donne debbano essere fruibili solo da chi corrisponde al sesso biologico "donna", e una legge che non lasci presagire in alcun modo chi vuole lottare contro l'utero in affitto possa farlo senza essere accusat* di omofobia. Un testo dunque che consideri le donne, con la loro soggettività, le loro idee e le loro differenze, come metà della popolazione e non come una sfumatura LGBTQI. 

Articolo 1 del DDL Zan che definisce genere e identità di genere 

Una questione di merito dunque, ma soprattutto una questione di metodo: il rispetto dell'iter parlamentare e la formazione di un consenso su un tema delicato e divisivo prima di portarlo sul livello giuridico sono prioritari rispetto alla smobilitazione degli influencer e al tentativo di mettere una bandierina aggiuntiva sui diritti civili. E questo problema di metodo lo abbiamo spesso, su tante tematiche, in cui si prova a bypassare il consenso o forzare l'iter per arrivare in fretta al traguardo. Credo che dovremmo tornare a una visione alta della politica in cui la mediazione e il punto di incontro non sono un tradimento dei valori, e in cui i passaggi in aula e la discussione negli spazi preposti non sono un orpello aggiuntivo a qualcosa di già deciso da poche persone in precedenza ma sono il cuore della democrazia.