venerdì 27 gennaio 2017

Al voto subito porterebbe forse ad un maggior caos e insoddisfazione

Cosa succede dopo la sentenza della Corte Costituzionale sull'Italicum? Al di là dei facili entusiasmi, il voto subito non è un'opzione positiva. 
Il ballottaggio: la Corte Costituzionale ha bocciato il ballottaggio. Non sappiamo le motivazioni della sentenza, che saranno depositate a febbraio, per cui non sappiamo se il ballottaggio è stato bocciato per evitare di avere due leggi non omogenne una per la Camera e una per il Senato, o perché è incostituzionale che chi prende un 20% di consensi al primo turno abbia la possibilità di avere oltre il 50% di posti in Parlamento: la democrazia sarebbe meno rappresentativa? 
Il premio di maggioranza: solo con il 40% dei voti, e siamo sinceri: chi mai potrà avere il 40% dei voti? Stando agli ultimi sondaggi riportati qui sotto in una tabella del Corriere della Sera, siamo tutti molto lontani da quelle %. 

dati Ipsos per Corriere della Sera
L'illusione che il 40% del referendum converga su Matteo Renzi è una mera illusione, molte persone hanno scelto il Sì o il No al referendum indipendentemente al partito di appartenenza e molte volte il vincitore è stabilito negli ultimi giorni di campagna elettorale da quel 2-3% che oscilla fino all'ultimo, composto da persone politicamente inconsapevoli che ascoltano gli slogan e i dibattiti televisivi in modo disaffezionato e distaccato cercando solo di capire quale partito proteggerà meglio il loro stile di vita. Sicuramente non abbastanza per arrivare ad un 40% per nessuno: qui le opzioni non saranno due come nel referendum, ma molte di più e inevitabilmente dispersive. 
Capilista: il capolista potrà candidarsi in 10 collegi ma non potrà scegliere il collegio di elezione, che invece sarà sorteggiato. 
Tutte le altre questioni sono state dichiarate inammissibili o infondate e la legge è immediatamente applicabile: immediatamente non significa che si debba effettivamente andare al voto.
L'impossibilità a governare produrrebbe comunque un Governo di coalizione, che è purtroppo un elemento incomprensibile a molti italiani: il vero problema è che i cittadini mancano di formazione politica per cui intendono sempre più il compromesso come un inciucio, un accordo come una fregatura, un punto di incontro come una rinuncia a qualcosa di sé e non come un'aggiunta di elementi della controparte. E così via. Tra l'altro, usciti dalla campagna referendaria, abbiamo anche notato come il linguaggio della comunicazione in campagna elettorale si faccia sempre più estremo e iperbolico, lontano dalla concretezza, dai toni pacati, dal dialogo e dalla proposta. Con questo clima, un'altra campagna elettorale sarebbe solo un disastro su tutti i fronti. Far calmare le acque, e portare la legislatura fino al suo termine naturale, è invece un modo se si riuscisse a comunicarlo ai cittadini in modo corretto, per rinforzare il concetto che il Parlamento non cade quando si rifa il Governo, e che il premier è eletto dal Capo dello Stato come da art. 92 della Costituzione e non è scelto dal popolo perché siamo una repubblica parlamentare: a molti non è ancora chiaro questo passaggio ed è un elemento di propaganda negativa da parte delle forze populiste. 
Qualunque risultato elettorale produrrebbe insoddisfazione nei cittadini se non è chiaro il funzionamento delle istituzioni, a questo punto perché investire in un'altra campagna elettorale, per di più interrompendo anzitempo il regolare lavoro parlamentare sui disegni di legge in corso?

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