La scelta che ha davanti la Francia nelle prossime due settimane è tra costruire e distruggere, tra testa e pancia, tra apertura e chiusura. Il risultato bassissimo dell'estrema destra nella multietnica Parigi (5%) ci riporta ancora una volta al contrasto tra le grandi realtà cittadine dove il contatto con il diverso è continuo, costante, quotidiano e i piccoli paesi dove c'è una maggiore volontà di circondarsi di muri. Di confini. Credo e spero che prevalga la testa, la speranza, l'ottimismo e soprattutto l'Europa: la nostra Europa che è l' insieme di tanti Paesi, da soli piccoli e insignificanti, ma insieme forti di una cultura plurale e unitaria. Un blocco occidentale che ha imparato dopo le violenze di due guerre mondiali prima a coesistere e poi ad amarsi mettendo, mattoncino dopo mattoncino, le basi per una grande casa comune, democratica, solidale, aperta ed economicamente molto più stabile di quanto non lo possano essere le piccole realtà locali. L'Unione fa la forza e fa la differenza per questo nostro futuro incerto. Ci fidiamo della Francia perché è la culla della democrazia e perché vogliamo ripartire insieme per migliorare l'Europa che è parte della nostra identità. Investiamo sulla speranza, e sul futuro, sull'ottimismo e non sulla rabbia.
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