Ho scelto di lasciare il Partito Democratico dopo 12 anni. Una scelta che chi mi conosce ed è stato al mio fianco in questi anni sa essere sofferta e conseguenza di un percorso di passione e infiniti sacrifici che si schiantano perennemente contro un muro di giochetti, tatticismi, veti e controveti, accordi mai rispettati e soprattutto della presa d'atto che un partito che vive di accordi unitari a tavolino - fatti per escludere chi vuole avere la possibilità di incidere sui processi decisionali a tutti i livelli - non mi appartiene. Io per definizione non sono unitaria, sono di parte sempre.
Un partito che permette a persone che non hanno mai preso un voto di stare in Parlamento, di decidere sugli altri e di continuare a fare i finti tonti in caso ci sia un problema serio da gestire.
E poi c'è lei, la leader di tutte le analisi delle sconfitte, la carta che si giocano quando non sanno più cosa fare, il muro contro cui sbatti sempre indipendentemente da correnti, congressi, competenze e contenuti: LA QUESTIONE DI METODO. Quella che viene posta, inventata, usata, bistrattata ogni qual volta c'è da eliminare qualcuno. Nel merito non si elimina mai nessuno, è politicamente scorretto, sulla carta siamo tutti una comunità coesa e bla bla bla, poi si pone una questione di metodo ad hoc e si continua con i soliti 4 che decidono. Uno schema talmente prevedibile che nelle ultime settimane avevo previsto, nella peggiore delle ipotesi, tutti i pezzi dello schema che è seguito, come fosse uno spettacolo teatrale già scritto e, purtroppo, non modificabile.
Un partito che immagina un mondo senza confini per accogliere il diverso, e poi scopro che l'opinione di un consigliere regionale che abita a 20 km vale di più di quella di chi abita a 50 km. Strano, solo io quando mi muovo per la Lombardia non vedo confini tra le province evidentemente, a volte manco il cartello. Mai visto un confine in un fiume, una strada, una montagna, un paio di campi. Mai pensato che il luogo dove abiti potesse influire sul tuo futuro, del resto avevamo sempre predicato bene che non doveva succedere a nessuno, e mai pensato che un partito che da statuto permette la doppia tessera poi considera più importante il sostegno di un circolo rispetto a quello di un altro se sei tesserata in due circoli.
Ringrazio comunque quelle persone che negli anni e negli ultimi mesi, settimane, giorni e ore hanno fatto di tutto per accompagnarmi verso una bellissima rinascita e la possibilità di essere orgogliosa di ciò che stavo costruendo. So che alcuni di loro ce l'hanno messa tutta e che altri hanno mentito benissimo ma ormai è andata così. Probabilmente ho aspettato troppo ad uscire, avrei dovuto andarmene già di fronte ai congressi unitari, ma sono comunque soddisfatta di non essermi arresa e di aver tentato tutte le strade possibili per trovare spazio, sempre credendo nella parte bella e nelle persone che in questi anni mi hanno fatta sentire a casa.
Resta il rimpianto per una campagna elettorale sicuramente bellissima da vivere che non ci sarà, ma onestamente anche la consapevolezza che il mondo migliore per cui volevo lottare e che volevo contribuire a costruire forse c'è già e non serve affatto che lo costruisca io, solo che è fuori dal PD.
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