lunedì 6 maggio 2013

Siamo tutti lavoratori imperfetti?

30 anni, laureata in architettura perfettamente in corso (non fa parte degli sfigati indicati come tali dal vice dell'ex ministro del lavoro) Simona ha fatto l'Erasmus, uno stage di 3 mesi pure all'estero e un master a Londra in architettura sostenibile. Ha scelto di fare il master dopo aver tentato di passare l'esame di stato e non averlo superato, per provare a dare un senso ai suoi studi e per trovare una nuova strada sempre nell'ambito dell'architettura, magari nell'ambito della ristrutturazione o del fotovoltaico. L'anno scorso le hanno proposto un lavoro, 300 € al mese + provvigioni, in un'azienda informatica (nulla a che fare quindi con l'architettura) che definendosi una start up può assumere con contratti fuffa di questo tipo. Il lavoro è durato un mese, perché Simona ha diverse qualità, è una donna estremamente intelligente, brillante, propositiva ed energica, molto portata per il lavoro non solo nel campo dell'architettura ma anche del design e di altri settori vicini che io non conosco sufficientemente bene per parlarne, ma non intenzionata a vendere a qualsiasi prezzo un prodotto in cui non crede a clienti che non lo vogliono. Io che la conosco, ci metterei la mano sul fuoco che una cosa non puoi metterla a vendere, forse in un colloquio di un quarto d'ora perché il selezionatore non ci arriva. E' tanto grave, non voler fregare il cliente o intortarlo? Ora lavora in una pizzeria qualche ora a settimana. 

30 anni, laureata in lingue, Francesca ha fatto l'Erasmus e uno stage di 6 mesi in Germania. Poi è tornata e ha iniziato a lavorare in diverse aziende della Brianza, un paio anche di quelle che ti vendono come bellissime. Quelle con la mensa interna e lo stipendio come da CCNL, insomma di quelle rare. Ha avuto un paio di contratti come segretaria, poi un altro diverso ma nella nuova azienda ha rischiato un esaurimento nervoso, cosa che dopo averla psicologicamente provata è riuscita a superare, grazie al compagno, a una terapia psicologica e alla possibilità di coltivare nuovi interessi per liberare la mente. Poi si è trasferita a vivere col compagno, cosa che le ha permesso di non vivere più a stretto contatto con la madre tutto il giorno, perché dopo un anno e mezzo abbondante all'estero la possibilità di tornare a vivere con i genitori può essere valutata solo se si lavora 9 o 10 ore al giorno e la comunicazione è al minimo, nel suo caso invece ha acuito la depressione. Alla fine, ne è venuta fuori. Trasferendosi dall'altra parte di Milano col compagno, così ha anche cambiato il giro delle agenzie interinali, che ancora non la conoscono e non possono giudicare negativamente le sue esperienze passate, e quindi è riuscita piano piano a affrontare la possibilità di andare di nuovo ad un colloquio. Detta così sembra una storia a lieto fine, ma ancora il lieto fine non c'è. Il mese scorso ha fatto il primo colloquio in azienda (non in agenzia interinale) da quando è tornata ad essere felice e sorridente, insomma pronta per una nuova vita lavorativa. Il tizio del colloquio non capiva niente di risorse umane, era il classico capo di un'azienda a conduzione famigliare dove non sanno nulla di rapporti con le donne giovani. Le fumava in faccia, parlava nervosamente in modo molto poco accogliente. Si trattava di un contratto di 2 mesi in un piccolo spedizioniere. Trasporti e logistica? Uno dei migliori CCNL in assoluto, con 14esima già prevista? No, 800 € al mese a progetto, e un sacco di pettegolezzi su perché le ragazze prima erano state licenziate e su come la disponibilità oraria dovesse essere totale. Per fortuna, Francesca, per ora ripresasi dalla crisi è riuscita a mandare a quel paese, in modo diplomatico, il soggetto in questione. Ma quando me lo ha raccontato, mi è venuta voglia di scrivere questo post. Solo perché a volte mi piacerebbe che anche gli altri si rendessero conto che hanno di fronte una persona imperfetta, e che se è disoccupata in genere non è al massimo per quanto riguarda l'autostima e il buonumore.

29 anni, laureata in psicologia alla Cattolica di Milano, triennale + specialistica, Eleonora ha deciso dopo il termine dei suoi studi di non esercitare la professione di psicologa. Forse non voleva tentare l'esame di stato, o forse non si sentiva adeguata alla professione. Allora, ha scelto di provare la strada delle risorse umane, apparentemente adatta a una psicologa. E dal momento che la conosco, anche secondo me avrebbe potuto essere adatta a lei. Peccato che dopo 3 mesi in un'agenzia interinale l'abbiano lasciata a casa perché non portata per quel lavoro. In pratica, riassumendo quanto accaduto, lei doveva fare la selezione del personale ma non era abbastanza "commerciale". In teoria il ruolo del commerciale sarebbe distinto dalla selezione del personale all'interno dell'agenzia, ma chiaramente non è così, perché per l'agenzia il candidato non è una persona da valorizzare e quindi far rendere sul posto di lavoro, ma una risorsa, diciamo pure un prodotto da piazzare sul mercato, cioè presso il loro cliente. La famosa "azienda utilizzatrice" del contratto. Quindi non serve nessuno psicologo, servono solo persone con predisposizione alla vendita. Ma la nostra amica non si è scoraggiata, e ha tentato un'altra strada, quella dell'educatrice d'infanzia. Ora per fortuna sta lavorando, con contratti di cooperativa di sostituzione delle malattie altrui, ma il lavoro le piace. Piccolo particolare: prende uno stipendio indegno di essere qui riportato, e spesso si trova con colleghe e tempo indeterminato fancazziste che non hanno più l'energia per lavorare e non vedono l'ora di andare in pensione. Ma questo, si sa, capita ovunque, anche negli uffici. Il particolare che veramente mi ha fatta imbestialire quando me lo ha raccontato. Una volta, nel sostituire una malattia in un asilo che stava passando dalla gestione pubblica a cooperativa per ragioni economiche, si è trovata circondata da vecchie, affaticate dal lavoro, che non avevano più nessuna voglia di gestire i bambini, e che non volevano assolutamente passare sotto cooperativa perché credevano di aver vinto al lotto essendo dipendenti pubbliche. E costoro, pretendevano la sua solidarietà. In pratica passavano il tempo a lamentarsi della loro situazione lasciandole la sola alternativa di essere d'accordo con loro (anche perché si sa altrimenti finisce in mobbing, già visto), senza minimamente preoccuparsi della sua laurea quinquennale e del fatto che se a giovani persone brillanti vengono richiesti dei sacrifici, forse forse voi anziane non potete pretendere di essere trasferite in un ufficio comunale, e che forse una che si sveglia tutte le mattine alle 7 senza neppure sapere se lavorerà  in attesa di una telefonata, non è il miglior interlocutore a cui dire che voi sotto cooperativa non potete certo lavorare. In pratica le vecchie signore avrebbero voluto essere trasferite in un ufficio comunale (!) pur non avendone assolutamente i requisiti pur di mantenere il loro lauto stipendio. Inutile precisare che normalmente per lavorare in comune o in una biblioteca ci sono concorsi in cui si iscrivono in 150 e ne assumono 1, non si capisce perché dovrebbero metterci una che a 50/55 anni non ha un diploma, non sa neppure usare il pc e non ha molti margini di miglioramento.

33 anni, laurea triennale in Economia del turismo, madre di 2 bellissimi bambini educati, Amina parla 3 lingue. Per davvero, non come quelli che scrivono sul curriculum "inglese buono" e poi li vedi che traducono le mail aziendali col traduttore di google e che non mettono la S alla terza persona singolare. Amina è nata in Eritrea, ha la doppia cittadinanza e è sposata, ha a disposizione persone che la aiuterebbero con i bambini e ha la testa piena di sogni, progetti da realizzare. Potrebbe creare un progetto per la valorizzazione del suo paese d'origine dal punto di vista turistico, oppure lavorare nella mediazione culturale, visto che parla italiano, inglese e tigrino perfettamente. Al momento è disoccupata e l'unico lavoro che ha trovato negli ultimi anni è stato da un commercialista, per qualche mese, tramite un aggancio.

31 anni, diplomata, ha iniziato l'università senza poi terminarla, Giovanna ha un bambino ormai di 2 anni. E' stata lasciata a casa da un call center al 6° mese di gravidanza, alla scadenza del suo contratto interinale. Niente di illegale, la scadenza del contratto non era all'interno della maternità obbligatoria e non c'è stato alcun licenziamento. Non si è potuto fare nulla. Da 2 anni fa colloqui, quasi ogni mese, ma nessuno la assume, nonostante sia automunita, libera da subito e disponibile a straordinari come si esige in ogni colloquio. Il compagno lavora per 700 € al mese circa, con un contratto a progetto. Per fortuna ci sono i genitori che aiutano, ma si sa, questo causa una serie di compromessi a cui si deve sottostare perché non c'è alternativa, quando non si hanno soldi. Il bambino intanto cresce felice, ancora inconsapevole della situazione in cui si trova. I genitori della ragazza per esempio, pressavano per far battezzare il bambino, e abitando nella stessa casa è difficile dover ripetere ogni giorno "io non sono credente, mio figlio sceglierà da grande la religione da seguire", perché chiaramente questo elemento non piace agli anziani di famiglia, e in una situazione del genere si dipende dagli anziani di famiglia, sia economicamente che psicologicamente. Per ora resistono, poi si vedrà. Intanto, Giovanna continua a fare colloqui.

31 anni, laureato in filosofia col massimo dei voti, Ivan insegnava italiano agli stranieri come volontario da anni. Anche come insegnante di sostegno nella scuola pubblica, di pomeriggio, ma sempre come volontario. Un lavoro bellissimo, una passione, questa infatti è una storia diversa dalle altre precedenti, perché Ivan a differenza degli altri casi analizzati in precedenza sapeva cosa voleva fare e non ha mai sbagliato strada.  Ora Ivan insegna italiano in un'università in Australia da circa 3 anni. E lo pagano quanto meritano i suoi studi e la passione che ci mette nel suo lavoro.

(Trovate le differenze).

Chissà se un giorno il nostro mercato del lavoro troverà un posto anche per questi lavoratori imperfetti. Per quanto riguarda i lavoratori perfetti, quelli che a quanto pare non possono assolutamente rinegoziare il loro stipendio, non possono essere giudicati se sono informaticamente analfabete, quelli che possono arrivare in ritardo di mezz'ora o darsi malate ad agosto e possono permettersi doti relazionali di dubbia qualità, ne parliamo in un prossimo post.

Ps: le storie sono tutte reali e tutte di mie amiche, i nomi sono stati volutamente sostituiti con nomi fittizi. Ogni riferimento a cose, persone, aziende o agenzie interinali è puramente casuale.

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