lunedì 25 agosto 2014

Non 45 € ma 2,50 € ai rifugiati

Ultimamente la home di facebook sembra essere stata invasa da un razzismo imperante, secondo cui lo Stato starebbe trascurando i cittadini per dare soldi agli stranieri. Facciamo un po' di chiarezza. In questi post spesso allude a fantomatici 30/45 € che si afferma vengano elargiti ai "clandestini" sbarcati in Italia. Cercherò di dare un po' di numeri in modo chiaro e spero inequivocabile per chi ha gli strumenti per capire. Intanto non sono clandestini ma "richiedenti asilo": profughi, rifugiati o lo status che le autorità riterranno di attribuire loro a seguito dell'istruttoria prevista dalla legge (Rif: Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, modificata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967, reso esecutivo in Italia con legge 24 luglio 1954, n. 722, D.L.25 luglio 1986, n. 286 e successive modificazioni, D.L.30 dicembre 1989, n. 416, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39 e successive modificazioni). "A seguito" significa, per fare ulteriore chiarezza, che chi richiede asilo non può essere automaticamente accusato dall'opinione pubblica di essere in possesso di un'identità definita già a parole come un reato, fintanto che non si è chiarita la provenienza e la storia personale del soggetto. Inoltre nessuno di loro riceve nè riceverà 45 € al giorno, ma una diaria di 2,50 € che spesso queste persone mettono in comune per comprare una scheda telefonica e far sapere a casa che sono vivi. Una piccola cifra ragionevole, neanche una mancia a un ragazzino di 15 anni praticamente, che permette loro quanto meno di provare per un attimo come funziona un acquisto in questo Paese di cui non conoscono nulla. Le associazioni, enti che gestiscono le strutture che li ospitano, ricevono dallo Stato 30 € al giorno con cui provvedono ai loro bisogni e forniscono loro assistenza legale per mettersi in regola a norma di legge. Gli appartamenti, i 45 € e qualsiasi altro presunto "privilegio" sono un'invenzione. I profughi di questa "ondata" sono in fuga dalla guerra e da morte certa e hanno rischiato la vita per arrivare fin qui. Credo che se non i princìpi religiosi, almeno quelli morali e civili dovrebbero indurci a compassione e solidarietà per chi di certo è meno fortunato di noi. Capisco l'indignazione di chi fatica ad arrivare alla fine del mese, ma questi non sono il nemico. I responsabili della crisi in cui ci troviamo sono altri: per esempio gli evasori fiscali, la supremazia della finanza speculativa sull'economia, e l'impossibilità di regolamentare il capitalismo secondo norme basate sull'equità e su sani principi, la corruzione, l'attaccamento ai beni materiali portato all'estremo per cui persone che piangono miseria dicendo che gli immigrati gli portano via il lavoro in realtà non farebbero mai il lavoro che fa un immigrato perché hanno schifo o non ne hanno proprio la capacità, ma chiamano "diritti" i 2000 € al mese presi per fare la coda alla timbratrice al primo orario di uscita possibile dal posto di lavoro e chiamano "miseria" l'impossibilità di comprare una cucina da 10.000 €. Poi ognuno può continuare ad avere le proprie opinioni, ma almeno senza l'alibi di non sapere come stanno le cose, quali sono le regole, evitando magari di spammare link casuali senza aver neppure verificato la veridicità delle fonti e creando mala informazione. 
Poi se proviamo anche a descrivere la realtà in modo più delicato e più sobrio, magari evitiamo anche di soffiare sulla rabbia delle persone ma proviamo invece a capire a cosa è dovuta, realmente, questa rabbia e quanto è legittima.

1 commento:

  1. Credo che il problema di fondo sia che in Italia non abbiamo mai avuto una cultura dello straniero. I cittadini di altri paesi sono dei “diversi”, non sono “come noi”, è impensabile che possano diventare “vicini di casa”. Chi arriva nel nostro paese viene subito visto come qualcuno che voglia privarci di qualcosa: lavoro, ricchezza economica, identità culturale. Anche i media giocano la loro parte. Quante volte ho sentito dire “un barcone carico di clandestini”. Non persone. Con la parola clandestini li marchiamo subito come fuorilegge, come delinquenti. Gli Italiani non riescono nemmeno a immaginare che uno straniero possa arricchirci economicamente e culturalmente. Con le sue capacità professionali, la sua voglia di lavorare (che a molti qui manca!), con le sue idee. E’ questo che non capiamo. Come in natura la biodiversità è indispensabile per la sopravvivenza di un ecosistema, così per una società è indispensabile la diversità di pensiero. Qui invece impera la cultura dell’orticello: finché non toccate il mio orticello va tutto bene. Rimandiamo questa gente nei loro paesi, tra miseria e guerra, perché altrimenti potrebbero disturbare la mia vita, le mie abitudini, potrebbero sciupare il mio orto. D’altronde in Italia abbiamo permesso a un delinquente di guidare il paese per quasi vent’anni in cambio delle sue promesse di ricchezza e libertà. E ora i risultati si vedono. Ma al di là di questi discorsi, quello che più lascia sconvolti (è proprio il caso di dirlo) è l’insensibilità e il cinismo con cui si parla di queste persone. Io sono padre e il pensiero di affrontare un viaggio simile con i miei figli mi lascia senza fiato. Eppure a bordo di questi barconi salgono intere famiglie con bambini e donne, spesso in gravidanza. C’è una sola cosa che può spingerli a questo: la disperazione. E se non siamo disposti ad afferrare la mano tesa di un disperato per noi non c’è speranza.

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