Dire no alle condizioni imposte da altri non è dire no alla
coesistenza. Piuttosto si tratta di un’occasione per rivedere i rapporti di
forza e il concetto stesso di democrazia europea. In direzione di più Europa, e
non di meno Europa, ma di un’Europa che sia più comprensiva e più inclusiva. In
direzione di una valorizzazione o quanto meno accettazione della differenza
dell’altro, che non è omologazione né imposizione. Un’occasione per portare in
Europa la cultura mediterranea in modo diverso.
Se una persona qualunque acquista un’auto a rate, poi un
televisore a rate, poi risultando ancora moroso delle rate dei primi due prende
anche un telefono a rate … ma se arriva qualcuno e gli propone - fingendo di aiutarlo a
uscire dalla situazione - di sottoscrivere un mutuo, un eventuale rifiuto è un
dire no al presunto "aiuto" o un segno di intelligenza? Nessuna banca proporrebbe un
mutuo senza requisiti, lo farebbe al massimo un usuraio.
Spesso in Italia dalla Lombardia guardiamo alla Sicilia o ad
altre regioni del Sud come una zavorra, come una specie di peso per cui o
diventano come noi o danno solo fastidio. Nel nostro piccolo, lo facciamo anche
con i vicini di casa. Il vicino che per mesi, anni se non decenni continua a
portare avanti le stesse richieste premendo perché tutti vogliano quello che
lui vuole, nel modo in cui lui lo vuole. Chi non ha un vicino così. Il vicino
che siccome ha i bimbi piccoli pretende di fare una petizione per far fare meno
rumore al bar sotto casa, ma ai giovani del palazzo il bar sottocasa fa comodo
perché fornisce birre a due metri, e non hanno quindi nessuna intenzione di andare a
causare fastidi al bar. La scelta di pace non consiste nel convincere il vicino
dei benefici del bar se questo non ne vuole sapere ma semplicemente di
rispettare la differenza dell’altro e lasciarlo essere quello che è. Il
lavoratore di Milano che siccome ha fatto dei suoi straordinari e del suo
lavoro 15 ore al giorno uno status symbol, schifa la rete sociale che si crea
in altre aree d’Italia intorno a persone che lavorano meno ma si aiutano di
più.Vorrebbe le casalinghe siciliane e le famiglie piene di ragazzi disoccupati come prova di una presunta superiorità delle proprie scelte di vita. Questo non implica che si possa cambiare la forma mentis delle persone in modo improvviso e repentino, né che farlo sarebbe un bene. Anzi.
E’ bello essere diversi. E’ bello cercare punti di incontro,
se da entrambe le parti siano essi vicini di casa, comuni limitrofi, regioni
più o meno distanti, si cerca di mediare, di vedere cosa si può prendere di
buono dall’altro. Ma per fare ciò bisogno sedersi al tavolo della trattativa e
essere disposti a lasciare andare qualcosa di propria, qualcuna delle proprie
convinzioni o presunte esigenze non negoziabili. E non sempre questo è
possibile. Quando non è possibile, si può coesistere in pace. La pace come
scelta, senza imposizioni, di rimanere vicini di casa, parte di una comunità,
di un territorio, con un tacito accordo di non belligeranza verso il diverso.
Ecco la Germania non si è mai seduta al tavolo della
trattativa mettendo da parte i pregiudizi o in modo non giudicante. Pensa a
delle riforme strutturali per la Grecia, quello che in Italia non siamo
riusciti a fare tra nord e sud in 150 anni, cioè a cambiare l’altro
trasformandolo in sé. Il modo migliore per far sì che l’altro metta una
barriera invalicabile, un muro, una difesa arroccandosi in posizioni estreme
per sottolineare la sua differenza culturale. O si cambia tutti insieme, o ci
si accetta per quello che si è imparando dalle reciproche differenze, da quello
che l’altro ha da insegnarci. La Grecia ci ha insegnato la democrazia e la
filosofia da 2500 anni, ha un patrimonio artistico, archeologico e
turistico-ambientale che può essere accolto per quello che è come parte del
patrimonio europeo in quanto culla dell’Europa.
Un popolo come questo può ovviamente sedersi al tavolo da
pari. Tra l’altro ricordando che per non offendere più l’orgoglio tedesco
furono condonati i debiti della seconda guerra mondiale … qualunque popolo
potrebbe sedersi al tavolo alla pari. Con questo referendum Tsipras ha avuto
adeguata legittimazione popolare per parlare a nome del suo popolo, e non
sembrare un illusionario capriccioso. Una nuova visione dell’Europa e del
Mediterraneo sta prendendo forma, la speranza è che vada in direzione di più
pluralismo e più capacità di accogliere il diverso. Il diverso non è solo
l’altro che arriva da fuori, da lontano, ma è anche ciascuno di noi all’interno
della stessa comunità europea che agli occhi di un altro cittadino risulta
differente in qualcosa: nel modo di lavorare, di rispettare le regole, di
organizzare uno stato. Come all’interno di una comunità anche piccola
l’accettazione del diverso non deve forzatamente diventare apprezzamento né
acquisizione dei comportamenti dell’altro, ma può trasformarsi in una sana coesistenza.
Coesistere come europei come base per coesistere come cittadini del mondo, al
di là di confini, cittadinanze, prestiti più o meno graditi.
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