L'intervista di Radio Radicale a Roberto Rampi sulla missione di Nessuno Tocchi Caino in Swaziland: potete riascoltarla qui.
G: Con Roberto Rampi del Partito
Democratico parliamo della missione che Nessuno Tocchi Caino ha appena
terminato in Africa nell’ambito di una serie di incontri che Nessuno Tocchi
Caino ha avuto per la prossima sessione diritti umani nella quale appunto ci
sarà il voto per la moratoria delle esecuzioni capitali. Non è la prima volta
che si vota, questo voto avviene ogni due anni, e l’on. Rampi ha raggiunto la
delegazione di Nessuno Tocchi Caino nello Swaziland. Come è andata?
R: Direi che è andata molto bene. Il
primo punto è questo: sia nella mia iscrizione al Partito Radicale
Transnazionale che a quella a Nessuno Tocchi Caino c’è la convinzione profonda
del progetto di Nessuno Tocchi Caino della moratoria, che è un atteggiamento
anche culturale importante verso il mondo, cioè non è l’atteggiamento
illuminista neocoloniale di andare a insegnare noi Europei chissà quali
princìpi etici che poi, come dire, bisognerebbe valutare anche come li attuiamo
noi. E’ l’idea invece di provare a prendere atto di cose che succedono già:
prendiamo questo esempio dell’Africa, un Paese come lo Swaziland, un piccolo
Paese dentro al Sudafrica, poco noto, di cui se si fa una ricerca in rete si
leggono cose che sono assolutamente lontane dagli aspetti più interessanti, e
che però dal 1983 di fatto ha portato avanti liberamente e non per pressioni
esterne, non per interventi occidentali, una moratoria: cioè ha deciso che nel
suo Paese non si uccide più. Ha anche convertito tutte le condanne a morte in
ergastolo tranne una. Noi abbiamo chiesto al gruppo dirigente politico di
questo Paese di prendere atto di questo loro risultato importante che li mette
oggettivamente molto avanti rispetto a tanti Paesi considerati più democratici
e più illuminati che magari così tanto non lo sono e non solo di votare a
favore della moratoria ma di farsi promotori di questa cultura della moratoria.
L’Africa ha Paesi profondamente abolizionisti, ha tanti Paesi che hanno in
corso la moratoria di fatto. Conviene a tutti noi, a loro e a noi, far
conoscere meglio queste cose cioè raccontare anche un mondo che è un po’
diverso da quello che ci viene raccontato, dove c’è un Occidente – l’Europa e
gli Stati Uniti – che stanno nel giusto e che hanno la Verità in tasca e poi
tutto il resto del mondo che vive in condizioni precarie anche dal punto di
vista etico-culturale. Ecco non è così. Noi non siamo andati ad insegnare
qualcosa in Africa: siamo andati a dire loro di far conoscere di più quello che
hanno già scelto.
G: Che forma di Governo c’è nello
Swaziland?
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la bandiera dello Swaziland |
R: Letta con le nostre regole è una monarchia assoluta, quindi c’è un re, scelto
tra l’altro con un meccanismo molto complicato perché diventa erede al trono il
figlio maschio che non ha ancora raggiunto la maggiore età e che non ha
fratelli. In realtà c’è un
ruolo fondamentale – una lettura che andrebbe approfondita – della regina madre,
per cui le due figure importanti nel Paese sono la regina madre e il re. Due
nomi che usiamo noi, in realtà nella cultura Swazi sono il Leone e l’Elefante
Bianco queste due figure. C’è una fortissima presenza delle tradizioni che da
oltre 600 anni si portano avanti in questo Paese, tradizioni molto articolate e
molto complesse, e poi in realtà c’è una grande modernità: c’è un Parlamento
eletto con un meccanismo complesso e articolato, però ho anche incontrato nella
missione quello che potremmo definire il capo dell’opposizione, cioè il
segretario del Partito Democratico dello Swaziland, un partito che aderisce
all’Internazionale socialista, che ha scelto ed è riuscito ad essere eletto ed
è diventato presidente della commissione diritti sociali e sta portando avanti
delle battaglie con risultati concreti, nuove normative ad esempio sui diritti
dei lavoratori; c’è un Parlamento che ha un livello di controllo del bilancio
dei ministeri molto avanzato; c’è una norma che viene attuata troppo poco sulla
presenza femminile obbligatoria per Costituzione negli eletti in Parlamento,
quindi è un Paese dove il tema dell’equilibrio tra la tradizione e la modernità
è un tema molto aperto e molto dinamico e che serve secondo me a farci
riflettere anche su altre parti del mondo.
G: La pena di morte è in
Costituzione?
R: La pena di morte è in
Costituzione, una Costituzione peraltro mutuata dall’appartenenza al
Commonwealth, quindi non deriva dalla loro cultura ma gli è
arrivata da noi dall’Occidente dove sappiamo benissimo che anche alcuni
Stati a democrazia molto avanzata come gli Stati Uniti d’America la pena di
morte non solo ce l’hanno come possibile, ma la applicano non dico
quotidianamente ma quasi. In Swaziland la pena di morte è in Costituzione ma
non è applicata dal 1983.
G: E il potere di tramutare la pena
di morte in ergastolo ce l’ha il Parlamento o il re?
R: Il potere di tramutare la pena di
morte in ergastolo ce l’ha il re, infatti lo ha fatto lui. Il potere di
cambiare la Costituzione ce l’avrebbe il Parlamento con un meccanismo di
revisione abbastanza complicato. In realtà l’obiettivo di questa missione al
momento era molto più semplicemente chiedere – lo Swaziland nella ultima votazione di due anni
fa non ha partecipato al voto, con il significato di non votare contro – noi
abbiamo chiesto ai tre ministri che abbiamo incontrato tra cui due principi e
al mondo anche dell’associazionismo e della società civile che si sta
sviluppando dentro allo Swaziland di lavorare per scegliere invece una
posizione più netta nel voto alle Nazioni Unite. Per farsi guida portando anche
a una uniformità di tutti quei Paese del sud Africa che invece hanno già votato
anche in passato a favore della moratoria.
G: Ci sono delle Organizzazioni Non
Governative nello Swaziland che sono favorevoli appunto all’abolizione della
pena di morte, in questo caso alla moratoria?
R: Sì, ci sono assolutamente e c’è
una società civile che si sta sviluppando molto interessante, naturalmente è
molto concentrata nei centri urbani e appartiene in termini numerici a una
residua minoranza. C’è una grande differenza tra i centri urbani e le aree
rurali anche nel dibattito pubblico. A noi stanno a cuore come Radicali il tema
del diritto alla conoscenza e il tema della libertà di informazione: in
Swaziland c’è una condizione molto particolare per cui esistono delle riviste
di giornali fortemente critiche con il Governo e con il re che riescono ad
essere pubblicate tranquillamente, anzi a trovare anche sponsor privati tra
agenzie di proprietà dello Stato, quindi evidentemente con un’idea di libertà
della discussione avanzata. Questo è molto meno vero ad esempio nelle radio e
nelle tv, probabilmente perché c’è la consapevolezza che un conto è il gruppo,
la discussione diciamo in certe élite chiuse e un po’ più colte, un conto è il
rapporto con la popolazione.
G: Del resto la radio in Africa è il
mezzo di comunicazione e di informazione più diffuso.
R: Esatto, e c’è la diretta di
tutte le sedute del Parlamento che va per radio. Quindi in qualche modo qualsiasi
cittadino Swazi può seguire il dibattito parlamentare che è un dibattito molto
acceso, tutt’altro che sopito, non solo per la presenza del leader del partito democratico ma anche di altri parlamentari che non si
può dire se siano filogovernativi o meno, non è molto chiaro perché c’è
un’elezione diretta ma che sicuramente su alcune scelte di alcuni Ministeri in
maniera molto chiara e in diretta radio in Parlamento prendono una posizione
molto netta.
G: Chi
deciderà come lo Swaziland voterà questa volte alle Nazioni Unite?
R: Allora in ultima analisi dovrebbe
deciderlo il re. Il voto alle
Nazioni Unite capita ora in un momento strano, perché il re per tradizione nel mese
di novembre ha un periodo di ritiro e quindi non partecipa all’attività
pubblica. Però noi contiamo sul fatto che intanto alcuni di questi ministri
hanno la possibilità comunque di incontrarlo anche se in forma privata e poi
c’è un Presidente del Consiglio: proprio in questi giorni gli impegni che si
sono presi con noi tra i ministri degli Esteri, della Giustizia e della
pianificazione economica è quello di incontrare insieme il Presidente del
Consiglio e di chiedere a lui un impegno. Se il Presidente del Consiglio dà
mandato all’ambasciatore all’ONU di votare a favore questa cosa si può fare,
ovviamente con il placet del re che però da diversi elementi che abbiamo raccolto
abbiamo capito che la scelta della moratoria e la scelta della conversione
della pena è una scelta che il re ha fatto in maniera del tutto autonoma e
senza nessuna spinta, quindi credo che appartenga un po’ alle sue corde.
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nota: alla fine lo Swaziland ha scelto di votare alle Nazioni Unite a sostegno della moratoria alla pena di morte |