giovedì 14 giugno 2018

Crociera? Non nel mio nome.

photo credits: Sara Alonso Esparza 
Mi vergogno come italiana e come europea a sentire un ministro della Repubblica parlare di "crociera" riferendosi alla nave di migranti Aquarius che non ha potuto attraccare sulle nostre coste per dare ospitalità a quegli uomini e quelle donne disperati. Me li immagino stanchi e affamati, con il vento a 35 nodi e le onde di 4 metri. Io che ho il mal di mare pure sul traghetto dell'isola d'Elba, ho la nausea per loro. A volte cerco di immaginare i loro pensieri: chissà quanto deve essere grande la speranza di sopravvivere, la voglia di dare ai tuoi bimbi un futuro migliore, la disperazione e il vuoto di quello che ti lasci dietro per spingerti ad intraprendere un percorso lungo, ignoto, senza mezzi tuoi. Senza avere il controllo della situazione perché per settimane o mesi ti ritrovi in mano ad altri. E stai mettendo i tuoi figli in mano ad altri, perché là dov'eri non c'è più casa, non c'è più cibo, non c'è più la certezza di chi sono le persone di fiducia. E allora hai più fiducia in un mondo estraneo, che non hai mai visto, che non hai gli strumenti per raggiungere da solo, che in casa tua. E poi dopo una traversata nel deserto, caldo mancanza di acqua che Dio solo sa quanta paura può darti, dopo esserti trovato solo in mare aperto, arriva una nave e ti soccorre. Arrivano delle persone estranee, con un volto diverso da quelli che ti sono famigliari. Bianchi e in salute, insomma non deperiti e dimagriti come tutti gli altri che hai visto finora, portano sul proprio corpo e nei propri abiti i segni di un benessere che non hai mai conosciuto, e parlano pure una lingua che non comprendi. Ti soccorrono e ti ospitano su una nave. Tu non sai nulla di queste bandiere, di quei confini, di dov'è la terra ora. E però ti ritrovi a continuare a vagare per mare senza sapere dove ti stanno portando, vedi la terra ma non ti fanno scendere. Ecco io spero, cara mamma della foto e tutti i tuoi compagni di viaggio, che nessuno ti dica mai per questo vagare senza meta era perché gli italiani non vi hanno voluti: non è nel mio nome.

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