Ho avuto l'onore stamattina di ascoltare la testimonianza della
senatrice a vita Liliana Segre a Monza. Una testimonianza profonda e
toccante, un dono come è stata giustamente definita da chi ha introdotto
l'evento. Il dono della memoria, di chi ha conosciuto il dolore e il
male dell'uomo nel suo lato peggiore e ha ora la consapevolezza di dire
che quel male non è "disumano": no è proprio umano, perché solo l'uomo
arriva a tali aberrazioni irripetibili. "Dove non c'è assunzione
di responsabilità c'è indifferenza" e nel silenzio più totale di oltre
700 studenti adolescenti che la ascoltavano, Liliana ha chiesto alle
nuove generazioni di farsi testimoni, nel loro quotidiano, nelle loro
scelte, nel loro modo di guardare il mondo, della sua memoria che è
memoria collettiva di un'umanità tutta. "La marcia della morte si
trasforma in marcia della vita, una gamba davanti all'altra" ci racconta
i suoi 700 km a piedi in inverno da giovane 15enne da Auschwitz al
campo di prigionia del Nord della Germania dove poi sarebbe stata
liberata, con un realismo e una dignità che ho avuto freddo per lei
immaginando quella distanza e quella neve.
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