Dati da cambiare: la generazione Erasmus non fa l'Erasmus. Occorre investire maggiormente negli scambi culturali alle scuole superiori, negli scambi universitari Erasmus e non, nel servizio civile europeo per permettere a tutti di maturare con una piena consapevolezza del proprio essere cittadini europei. Incontrare i propri coetanei di altri Paesi, imparare a contare sulle proprie risorse, prendere in considerazione l'idea di avere degli amici "solo per un po' ", studiare le lingue fuori dai libri ma la cosa più bella, abituarsi al suono di sottofondo in ogni luogo pubblico di una lingua non propria: credo siano esperienze bellissime che tutti dovrebbero avere l'opportunità di vivere per crescere. Vivere all'estero per un po' aiuta a capire quanto è piccolo il proprio posto nel mondo, quanto è limitato il proprio punto di vista, quanto è chiuso lo schema da cui proveniamo. Credo che quando critichiamo i giovani bamboccioni o i neet, quando ci sono mamme chioccia convinte che il proprio figlio a 30 anni non sia in grado di mettersi su un piatto di pasta o giovani poco più che ventenni rilasciare dichiarazioni di identità definite basate sulla propria origine geografica (generalmente regionale o provinciale) dovremmo tutti capire che per rafforzare l'identità europea è indispensabile che le persone imparino a vedere orizzonti là dove un pezzo ben costituito del nostro provincialismo cerca di vedere muri. Spero che tutti i giovani di domani possano avere sempre lo sguardo pieno di sogni e lo zaino pronto, e gli strumenti per scegliere guardando sempre da più punti di vista lo stesso fenomeno.
martedì 8 gennaio 2019
lunedì 7 gennaio 2019
Se fosse tuo figlio
Se fosse tuo figlio…
Se fosse tuo figlio
riempiresti il mare di navi
di qualsiasi bandiera.
Vorresti che tutte insieme
a milioni
facessero da ponte
per farlo passare.
Premuroso,
non lo lasceresti mai da solo
faresti ombra
per non far bruciare i suoi occhi,
lo copriresti
per non farlo bagnare
dagli schizzi d’acqua salata.
Se fosse tuo figlio ti getteresti in mare,
te la prenderesti con il pescatore che non presta la barca,
urleresti per chiedere aiuto,
busseresti alle porte dei governi
per rivendicare la vita.
Se fosse tuo figlio oggi saresti a lutto,
anche a rischio di odiare il mondo,
i porti pieni di navi attraccate.
e chi le tiene ferme e lontane
e chi, nel frattempo
sostituisce le urla
con acqua di mare.
Se fosse tuo figlio li chiameresti
vigliacchi disumani, gli sputeresti addosso.
Dovrebbero fermarti, tenerti, bloccarti
perché una rabbia incontrollata potrebbe portarti
a farli annegare tutti nello stesso mare.
Ma stai tranquillo, nella tua tiepida casa
non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Puoi dormire tranquillo
E sopratutto sicuro.
Non è tuo figlio.
È solo un figlio dell’umanitá perduta,
dell’umanità sporca, che non fa rumore.
Non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Dormi tranquillo, certamente
non è il tuo.
(S. Guttilla)
Se fosse tuo figlio
riempiresti il mare di navi
di qualsiasi bandiera.
Vorresti che tutte insieme
a milioni
facessero da ponte
per farlo passare.
Premuroso,
non lo lasceresti mai da solo
faresti ombra
per non far bruciare i suoi occhi,
lo copriresti
per non farlo bagnare
dagli schizzi d’acqua salata.
Se fosse tuo figlio ti getteresti in mare,
te la prenderesti con il pescatore che non presta la barca,
urleresti per chiedere aiuto,
busseresti alle porte dei governi
per rivendicare la vita.
Se fosse tuo figlio oggi saresti a lutto,
anche a rischio di odiare il mondo,
i porti pieni di navi attraccate.
e chi le tiene ferme e lontane
e chi, nel frattempo
sostituisce le urla
con acqua di mare.
Se fosse tuo figlio li chiameresti
vigliacchi disumani, gli sputeresti addosso.
Dovrebbero fermarti, tenerti, bloccarti
perché una rabbia incontrollata potrebbe portarti
a farli annegare tutti nello stesso mare.
Ma stai tranquillo, nella tua tiepida casa
non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Puoi dormire tranquillo
E sopratutto sicuro.
Non è tuo figlio.
È solo un figlio dell’umanitá perduta,
dell’umanità sporca, che non fa rumore.
Non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Dormi tranquillo, certamente
non è il tuo.
(S. Guttilla)
giovedì 3 gennaio 2019
Sintesi della mozione Martina-Richetti: fianco a fianco, diversamente
10 PROPOSTE PER CAMBIARE IL PD #DIVERSAMENTE
1. 2/3 liste nazionali scelti dal territorio, albo degli elettori e Primarie.
2. Referendum tra gli iscritti e conferenza programmatica annuale.
3. Piattaforma digitale di partecipazione.
4. Erasmus per giovani democratici e scuole di formazione per tutti.
5. Direzione nazionale eletta al 50% dai territori.
6. La metà del 2x1000 al PD dei territori.
7. Progetti di comunità e innovazione dei luoghi idea(li) per i circoli.
8. Conferenza nazionale delle donne.
9. Un segretario che fa solo il segretario e Governo ombra per l’alternativa.
10. Via alla conferenza dei democratici italiani.
NOI E L’ITALIA
1. Dobbiamo raccogliere il forte messaggio arrivato dalla nostra ultima manifestazione di Piazza del Popolo: una richiesta di unità, apertura e cambiamento del Partito Democratico, per essere l’alternativa forte alla deriva che il Paese sta rischiando con entrambe le forze nazional-populiste.
2. Un cambiamento che non è un giudizio sul passato ma un passo decisivo per andare incontro al
futuro, senza rinnegare i principi affermati nella nostra azione di governo ma ridiscutendo con coraggio gli strumenti messi in campo.
3. Sarà necessario promuovere un governo ombra aperto alla società e ai soggetti disponibili a costruire un’alternativa autorevole e visibile al governo 5 Stelle-Lega e una costituente di tutti i democratici e i riformisti italiani unendo le loro energie. Partire dal Partito democratico per arrivare ai democratici. Questo lavoro dovrà svilupparsi anche in Europa a partire dalla famiglia socialista.
4. Vogliamo costruire un partito che sappia essere, ovunque, incubatore di civismo e di cittadinanza attiva a partire dai bisogni di chi ha di meno. Un partito forte delle sue radici nei principi scolpiti nella Costituzione della Repubblica nata dalla Resistenza.
NOI E IL MONDO
1. “Dobbiamo essere idealisti senza illusioni” (J.F.Kennedy)
2. Dobbiamo innovare, non guardare indietro. Siamo di fronte ad una crisi di valori. Il rapporto tra persone è vissuto come un ostacolo.
3. Si è creato un Quinto Stato, sempre più ampio fatto di persone che vivono nella precarietà di diritti e tutele.
4. Proteggere la democrazia vuol dire anche innovare i corpi associativi intermedi in modo che lo “sciame digitale” che si è sviluppato con internet e i social network si faccia massa capace di incidere sulle scelte per il proprio futuro.
5. Da un’epoca di slegatura dobbiamo passare ad una di stagione di rilegatura sapendo che lo spazio pubblico è la risorsa per vita di relazione di una società. Vogliamo costruire una società pienamente generativa.
IL NOSTRO RIFORMISMO RADICALE
1. UN PARTITO CHE SI BATTE PER L’UGUAGLIANZA
Per tutti: il cuore del nostro impegno deve ripartire dal rendere universale ciò che è solo per
qualcuno. Oggi, in Italia, la lotta alle disuguaglianze e la difesa delle classi medie passa
soprattutto dal contrasto a tre grandi fratture: generazionale, di genere, e territoriale.
Per i giovani proponiamo: «credito giovani», un conto individuale vincolato, utilizzabile da chi diventa maggiorenne; abolizione stage o tirocini non retribuiti; intendiamo introdurre un compenso minimo anche per i praticanti nelle professioni e incentivi per il loro inserimento.
Per noi il primo punto delle politiche di genere è il tema del lavoro, come strumento di emancipazione delle donne da una persistente discriminazione che obbliga a decidere tra carriera e maternità. Una delle nostre priorità è quella di portare avanti una lotta senza quartiere alla violenza sulle donne, a partire dal rafforzamento dei centri anti-violenza ovunque sul territorio.
E ancora: sostegno per il Sud; rafforzamento del Reddito d’Inclusione; metodologie innovative e partecipative per la scuola; unica imposta su tutti i redditi realmente progressiva; minimun tax sugli utili prodotti dalle multinazionali estere; rivoluzione del sostegno alle famiglie con figli attraverso l’erogazione di un unico assegno universale; aumento dell’indennità in base ai bisogni effettivi delle persone non autosufficienti, introducendo sia un assegno di cura sia un budget di cura, favorendo così il riconoscimento professionale e la regolarizzazione degli assistenti familiari; un piano nazionale sulle liste d’attesa prevedendo, tra l’altro, l’aumento del numero dei professionisti dove c’è maggiore criticità e possibilità di visita sette giorni su sette.
2. UN PARTITO ECOLOGISTA
Dobbiamo mettere urgentemente al centro della nostra agenda la rapida transizione verso uno sviluppo sostenibile, un principio che crediamo debba entrare anche in Costituzione.
È cruciale assumere l’obiettivo di zero emissioni di gas serra entro il 2045, lavorando per il taglio delle emissioni del 60% entro il 2030, partendo dalla produzione e dall’uso dell’energia pulita e dall’efficienza energetica.
Per il futuro, è necessario immaginare e progettare una nuova stagione infrastrutturale che si
fondi su tre grandi assi: quello ferroviario, quello marittimo e quello ciclabile.
3. UN PARTITO EUROPEISTA
Si tratta di costruire una nuova sovranità intorno a temi strategici che non avranno soluzione se
non a livello sovranazionale.
Serve un Presidente eletto dai cittadini europei, un Parlamento che legifera, strumenti di partecipazione permanenti, un budget a gestione politica che completi l’unione monetaria con un’unione fiscale.
Vogliamo costruire gli Stati Uniti d’Europa.
4. UN PARTITO DEL LAVORO CHE CAMBIA
Non c’è futuro per un Paese che spende più per interessi sul debito che in istruzione. Dobbiamo rendere meno costoso il lavoro di qualità, con un taglio del cuneo contributivo sul tempo indeterminato di almeno 4 punti (per una riduzione di circa il 12 percento).
Dobbiamo gestire le transizioni da un’occupazione all’altra, con una rete di welfare 4.0 in cui far
confluire in maniera integrata e personalizzata tutte le politiche attive e passive.
Dobbiamo introdurre un salario minimo legale e una legge sulla rappresentanza per contrastare il dumping salariale.
Ci impegniamo a implementare l’equo compenso per il lavoro autonomo.
Vogliamo potenziare i meccanismi strutturali di sostegno alla partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa attraverso il principio della co-gestione aziendale.
5. UN PARTITO CHE SI BATTE PER LA DEMOCRAZIA
È di fondamentale importanza il riordino dei tributi e l’istituzione della «local tax» rivendicata
dai comuni. Occorre poi una «Carta delle autonomie» che ridefinisca in modo organico il rapporto fra gli enti costitutivi della Repubblica.
Siamo contro il disegno di legge Pillon perché è retrogrado e punitivo nei confronti delle donne e tratta i minori come pacchi postali.
Il nostro riformismo radicale vede nella legalità, nel garantismo e nella lotta alle mafie i cardini della propria azione.
Se si vogliono prevenire femminicidio, reati ai danni di soggetti deboli, reati ambientali, truffe
ai danni di anziani e famiglie e morti sul lavoro occorre incentrare una riforma penale
radicale che faccia perno sulla prevenzione prima ancora che sulla repressione.
Aveva ragione il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa quando diceva che per sconfiggere
le mafie bisogna dare come “diritto” ciò che esse offrono come “favore”.
Per noi, chi nasce e studia in Italia è italiano.
L’immigrazione non è un’invasione da bloccare ma una risorsa da governare. Per questo proponiamo di cancellare la legge Bossi-Fini e il decreto Salvini, per scrivere un nuovo testo unico sull’immigrazione, gestendo le migrazioni anche per ragioni economiche governando un sistema nazionale di accoglienza integrata per l’autonomia.
mercoledì 2 gennaio 2019
Lettera al Corriere della Sera sulla scelta di nominare XI JINPING “personaggio dell'anno”
Egregio Direttore Fontana,
Le scriviamo a seguito della sorprendente decisione del 23 dicembre da parte del Corriere della Sera, suffragata da editorialisti e giornalisti economici, di nominare il Presidente cinese Xi Jinping “Il Personaggio dell’Anno”. Secondo il quotidiano da lei diretto infatti, Xi Jinping è “l’uomo che ha maggiormente influenzato l’assetto economico mondiale. Solo Xi Jinping (…) è stato in effetti «leader».” E ancora: “Non c’è nessuno al governo in Occidente che si sia battuto bene come lui per rafforzare il proprio Paese senza confondere l’interesse nazionale con il proprio di breve respiro e che abbia al tempo stesso cercato di presentare la propria nazione come portatrice di valori”.
Purtroppo, è doloroso ed inquietante dover notare come al quotidiano di Milano da lei diretto, che vanta un’autorevole tradizione ispirata ai valori della Democrazia Liberale, sembri – con questa decisione – sfuggire la differenza tra una democrazia liberale e un’autocrazia o dittatura. In democrazia esistono equilibri politico-istituzionali incarnati da pesi e contrappesi, dalla separazione dei poteri, in altre parole lo stato di diritto, l’affermazione delle libertà fondamentali dell’individuo, della dignità umana, dell’universalità dei Diritti Umani.
Tutto ciò ha naturalmente un’influenza determinante in campo economico-finanziario. Soprattutto per tali ragioni la Cina non ha mai potuto ottenere il riconoscimento di un suo “market economy status”. Un regime autoritario, come quello cinese, si è invece voluto sempre sottrarre alle responsabilità che avrebbe dovuto assumersi a livello globale. Invece di cogliere le opportunità offerte dalla crescita economica per introdurre riforme costituzionali, politiche e sociali, che tutti si attendevano in occidente quando Pechino venne accolta nell’OMC, il Partito comunista cinese e la sua leadership hanno proseguito, in particolare con Xi Jinping, a consolidare la preminenza del Partito comunista su tutto l’impianto istituzionale del Paese, accentrando il potere in capo a un direttorio sempre più ristretto e, ora, interamente nelle mani del Presidente cinese. La pianificazione economica è stata a lungo termine facilitata, è vero, dall’assenza di un’inclusione popolare che si esprime anche, ma non solo, con elezioni libere e eque, con un’informazione libera e un effettivo pluralismo politico. Ma qual è il prezzo immenso, ci si dovrebbe onestamente chiedere, di questa presunta maggior capacità del “modello cinese” (e di Xi Jinping) di sostenere la crescita economica? La soppressione di qualsiasi forma di libertà politica e di attuazione anche solo embrionale dello Stato di Diritto proprio delle Democrazie Liberali.
Non occorre ricordare le parole di Churchill a proposito delle imperfezioni della democrazia liberale. Tuttavia, rimaniamo convinti che non esista un modello di governo migliore di quello democratico. Che anzi proprio in questa congiuntura storica, esso debba essere rafforzato a livello globale con il riconoscimento, a cominciare dalle Nazioni Unite, di un “diritto umano alla conoscenza”, anziché cedere all’illusoria efficacia e presunta superiorità di modelli autoritari come quello cinese. Per questo troviamo sbagliata e superficiale un’analisi in cui valgano soltanto considerazioni economiche, peraltro parziali in cui è totalmente assente ogni riferimento alla realtà politica e di diritto della Cina di oggi.
Così facendo, ignorando le basi politico-sociali su cui si fonda la crescita cinese, viene data la “patente” di leader a chi azzera libertà, perseguita milioni di persone, in particolare la minoranza Uigura nella regione dello Xinjiang e la popolazione del Tibet, occupa territori e mari territoriali altrui, strangola Paesi affamati, sottrae tecnologie e Meta-Dati, sovverte la legalità internazionale e propone un sistema dei diritti umani in sede ONU che non sia più “universale”, ma parcellizzato secondo presunte “tradizioni storiche” – e soprattutto egoistiche convenienze – che deriverebbero dalle “caratteristiche” della storia cinese.
Non pensiamo che possano essere sottovalutate – o peggio ancora ignorate – le conseguenze sulla popolazione cinese del “social-credit system”: un vero e proprio sistema di sorveglianza e schedatura, avviato inizialmente in Xinjiang per reprimere e controllare l’intera popolazione mussulmana di quella regione, ma che si sta già ampliando a tutto il paese. Il controllo sui comportamenti, abitudini, pensiero politico o religioso di centinaia di milioni di cinesi si sommerà al ruolo già estremamente intrusivo di un capillare sistema di sicurezza, dei tribunali, della dirigenza politica, spesso con la facile ma pretestuosa spiegazione della lotta alla corruzione, da cui la Cina non si è certo liberata con le misure adottate dal Presidente Xi Jinping contro ogni suo oppositore politico, reale o potenziale.
Il 19 dicembre il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato una legge bipartisan sul Tibet per negare visti ai funzionari cinesi che impediscano a cittadini americani, funzionari governativi e giornalisti l’accesso al Tibet. La legge prevede che il Segretario di Stato valuti quali effettive condizioni di accesso siano riservate ai cittadini americani in Tibet entro 90 giorni dalla promulgazione delle nuove norme. Si tratta di modalità analoghe a quelle introdotte, sempre negli Stati Uniti, dal Global Magnitsky Act .
Marco Pannella ripeteva che “dove c’è strage di diritto, c’è strage di popoli”. Riteniamo sia un pericoloso errore santificare il Presidente cinese quale grande “leader” economico globale. Nonostante gli errori che l’Occidente ha commesso nel promuovere e difendere i propri interessi, la politica espansionistica cinese rimane di stampo autoritario e anti-Stato di Diritto. Abbracciando la visione di Xi Jinping rischiamo di avallare un assetto istituzionale in cui, venendo meno i principi fondanti della Costituzione italiana e dellla Carta dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, qualche dittatore riterrà di poter sempre governare impunemente al di sopra della legge.
Matteo Angioli, Segretario Comitato Globale per lo Stato di Diritto “Marco Pannella” (GCRL)
Rita Bernardini, Coordinatrice Presidenza Partito Radicale
Marco Beltrandi, Presidenza Partito Radicale
Maurizio Bolognetti, Presidenza Partito Radicale
Sergio D’Elia, Coordinatore Presidenza Partito Radicale
Marco Di Maio, Deputato
Maria Antonietta Farina Coscioni, Presidenza Partito Radicale
Gennaro Grimolizzi, Giornalista
Laura Harth, Rappresentante all’ONU del Partito Radicale
Domenico Letizia, Analista
Adriano Paroli, Senatore
Luca Poma, Docente universitario
Roberto Rampi, Senatore
Giuseppe Rossodivita, Presidenza Partito Radicale
Giulio Terzi di Sant’Agata, Ambsasciatore, Presidente GCRL
Maurizio Turco, Coordinatore Presidenza Partito Radicale
Adolfo Urso, Senatore
Elisabetta Zamparutti, Presidenza Partito Radicale
Camillo Zuccoli, Ambasciatore
Rita Bernardini, Coordinatrice Presidenza Partito Radicale
Marco Beltrandi, Presidenza Partito Radicale
Maurizio Bolognetti, Presidenza Partito Radicale
Sergio D’Elia, Coordinatore Presidenza Partito Radicale
Marco Di Maio, Deputato
Maria Antonietta Farina Coscioni, Presidenza Partito Radicale
Gennaro Grimolizzi, Giornalista
Laura Harth, Rappresentante all’ONU del Partito Radicale
Domenico Letizia, Analista
Adriano Paroli, Senatore
Luca Poma, Docente universitario
Roberto Rampi, Senatore
Giuseppe Rossodivita, Presidenza Partito Radicale
Giulio Terzi di Sant’Agata, Ambsasciatore, Presidente GCRL
Maurizio Turco, Coordinatore Presidenza Partito Radicale
Adolfo Urso, Senatore
Elisabetta Zamparutti, Presidenza Partito Radicale
Camillo Zuccoli, Ambasciatore
martedì 1 gennaio 2019
Il messaggio di fine anno del presidente Mattarella
«Care concittadine e cari concittadini, siamo nel tempo dei social, in cui molti vivono connessi in rete e comunicano di continuo
ciò che pensano e anche quel che fanno nella vita quotidiana.
Tempi e abitudini cambiano ma questo appuntamento - nato decenni fa con il primo Presidente, Luigi Einaudi - non è un rito formale. Mi assegna il compito di rivolgere, a tutti voi, gli auguri per il nuovo anno: è un appuntamento tradizionale, sempre attuale e, per me, graditissimo.
Permette di formulare, certo non un bilancio, ma qualche considerazione sull’anno trascorso. Mi consente di trasmettere quel che ho sentito e ricevuto in molte occasioni nel corso dell’anno da parte di tanti nostri concittadini, quasi dando in questo modo loro voce. E di farlo da qui, dal Quirinale, casa di tutti gli italiani.
Quel che ho ascoltato esprime, soprattutto, l’esigenza di sentirsi e di riconoscersi come una comunità di vita. La vicinanza e l’affetto che avverto sovente, li interpreto come il bisogno di unità, raffigurata da chi rappresenta la Repubblica che è il nostro comune destino.
Proprio su questo vorrei riflettere brevemente, insieme, nel momento in cui entriamo in un nuovo anno.
Sentirsi “comunità” significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri.
Significa “pensarsi” dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese.
Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore.
So bene che alcuni diranno: questa è retorica dei buoni sentimenti, che la realtà è purtroppo un’altra; che vi sono tanti problemi e che bisogna pensare soprattutto alla sicurezza.
Certo, la sicurezza è condizione di un’esistenza serena.
Ma la sicurezza parte da qui: da un ambiente in cui tutti si sentano rispettati e rispettino le regole del vivere comune.
La domanda di sicurezza è particolarmente forte in alcune aree del Paese, dove la prepotenza delle mafie si fa sentire più pesantemente. E in molte periferie urbane dove il degrado favorisce il diffondersi della criminalità.
Non sono ammissibili zone franche dove la legge non è osservata e si ha talvolta l’impressione di istituzioni inadeguate, con cittadini che si sentono soli e indifesi.
La vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza.
Sicurezza è anche lavoro, istruzione, più equa distribuzione delle opportunità per i giovani, attenzione per gli anziani, serenità per i pensionati dopo una vita di lavoro: tutto questo si realizza più facilmente superando i conflitti e sostenendosi l’un l’altro.
Qualche settimana fa a Torino alcuni bambini mi hanno consegnato la cittadinanza onoraria di un luogo immaginario, da loro definito Felicizia, per indicare l’amicizia come strada per la felicità.
Un sogno, forse una favola. Ma dobbiamo guardarci dal confinare i sogni e le speranze alla sola stagione dell’infanzia. Come se questi valori non fossero importanti nel mondo degli adulti.
In altre parole, non dobbiamo aver timore di manifestare buoni sentimenti che rendono migliore la nostra società.
Sono i valori coltivati da chi svolge seriamente, giorno per giorno, il proprio dovere; quelli di chi si impegna volontariamente per aiutare gli altri in difficoltà.
Il nostro è un Paese ricco di solidarietà. Spesso la società civile è arrivata, con più efficacia e con più calore umano, in luoghi remoti non raggiunti dalle pubbliche istituzioni.
Ricordo gli incontri con chi, negli ospedali o nelle periferie e in tanti luoghi di solitudine e di sofferenza dona conforto e serenità.
I tanti volontari intervenuti nelle catastrofi naturali a fianco dei Corpi dello Stato.
È l’“Italia che ricuce” e che dà fiducia.
Così come fanno le realtà del Terzo Settore, del No profit che rappresentano una rete preziosa di solidarietà.
Si tratta di realtà che hanno ben chiara la pari dignità di ogni persona e che meritano maggiore sostegno da parte delle istituzioni, anche perché, sovente, suppliscono a lacune o a ritardi dello Stato negli interventi in aiuto dei più deboli, degli emarginati, di anziani soli, di famiglie in difficoltà, di senzatetto.
Anche per questo vanno evitate “tasse sulla bontà”.
È l’immagine dell’Italia positiva, che deve prevalere.
Il modello di vita dell’Italia non può essere – e non sarà mai – quello degli ultras violenti degli stadi di calcio, estremisti travestiti da tifosi.
Alimentano focolai di odio settario, di discriminazione, di teppismo.
Fenomeni che i pubblici poteri e le società di calcio hanno il dovere di contrastare e debellare.
Lo sport è un’altra cosa.
Esortare a una convivenza più serena non significa chiudere gli occhi davanti alle difficoltà che il nostro Paese ha di fronte.
Sappiamo di avere risorse importanti; e vi sono numerosi motivi che ci inducono ad affrontare con fiducia l’anno che verrà. Per essere all’altezza del compito dobbiamo andare incontro ai problemi con parole di verità, senza nasconderci carenze, condizionamenti, errori, approssimazioni.
Molte sono le questioni che dobbiamo risolvere. La mancanza di lavoro che si mantiene a livelli intollerabili. L’alto debito pubblico che penalizza lo Stato e i cittadini e pone una pesante ipoteca sul futuro dei giovani. La capacità competitiva del nostro sistema produttivo che si è ridotta, pur con risultati significativi di imprese e di settori avanzati. Le carenze e il deterioramento di infrastrutture. Le ferite del nostro territorio.
Dobbiamo aver fiducia in un cammino positivo. Ma non ci sono ricette miracolistiche.
Soltanto il lavoro tenace, coerente, lungimirante produce risultati concreti. Un lavoro approfondito, che richiede competenza e che costa fatica e impegno.
Traguardi consistenti sono stati raggiunti nel tempo. Frutto del lavoro e dell’ingegno di intere generazioni che ci hanno preceduto.
Abbiamo ad esempio da poco ricordato i quarant’anni del Servizio sanitario nazionale.
E’ stato – ed è - un grande motore di giustizia, un vanto del sistema Italia. Che ha consentito di aumentare le aspettative di vita degli
italiani, ai più alti livelli mondiali. Non mancano difetti e disparità da colmare. Ma si tratta di un patrimonio da preservare e da potenziare.
L’universalità e la effettiva realizzazione dei diritti di cittadinanza sono state grandi conquiste della Repubblica: il nostro Stato sociale, basato sui pilastri costituzionali della tutela della salute, della previdenza, dell’assistenza, della scuola rappresenta un modello positivo. Da tutelare.
Ieri sera ho promulgato la legge di bilancio nei termini utili a evitare l’esercizio provvisorio, pur se approvata in via definitiva dal Parlamento soltanto da poche ore.
Avere scongiurato la apertura di una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea per il mancato rispetto di norme liberamente sottoscritte è un elemento che rafforza la fiducia e conferisce stabilità.
La grande compressione dell’esame parlamentare e la mancanza di un opportuno confronto con i corpi sociali richiedono adesso un’attenta verifica dei contenuti del provvedimento.
Mi auguro – vivamente - che il Parlamento, il Governo, i gruppi politici trovino il modo di discutere costruttivamente su quanto avvenuto; e assicurino per il futuro condizioni adeguate di esame e di confronto.
La dimensione europea è quella in cui l’Italia ha scelto di investire e di giocare il proprio futuro; e al suo interno dobbiamo essere voce autorevole.
Vorrei rinnovare un pensiero di grande solidarietà ai familiari di Antonio Megalizzi, vittima di un vile attentato terroristico insieme ad altri cittadini europei.
Come molti giovani si impegnava per un’Europa con meno confini e più giustizia. Comprendeva che le difficoltà possono essere superate rilanciando il progetto dell’Europa dei diritti, dei cittadini e dei popoli, della convivenza, della lotta all’odio, della pace.
Quest’anno saremo chiamati a rinnovare il Parlamento europeo, la istituzione che rappresenta nell’Unione i popoli europei, a quarant’anni dalla sua prima elezione diretta. È uno dei più grandi esercizi democratici al mondo: più di 400 milioni di cittadini europei si recheranno alle urne.
Mi auguro che la campagna elettorale si svolga con serenità e sia l’occasione di un serio confronto sul futuro dell’Europa.
Sono rimasto colpito da un episodio di cronaca recente, riferito dai media. Una signora di novant’anni, sentendosi sola nella notte di Natale, ha telefonato ai Carabinieri. Ho bisogno soltanto di compagnia, ha detto ai militari. E loro sono andati a trovarla a casa portandole un po’ di serenità.
Alla signora Anna, e alle tante persone che si sentono in solitudine voglio rivolgere un saluto affettuoso.
Vorrei sottolineare quanto sia significativo che si sia rivolta ai Carabinieri. La loro divisa, come quella di tutte le Forze dell’ordine e quella dei Vigili del fuoco, è il simbolo di istituzioni al servizio della comunità. Si tratta di un patrimonio da salvaguardare perché appartiene a tutti i cittadini.
Insieme a loro rivolgo un augurio alle donne e agli uomini delle Forze armate, impegnate per garantire la nostra sicurezza e la pace in patria e all’estero. Svolgono un impegno che rende onore all’Italia.
La loro funzione non può essere snaturata, destinandoli a compiti non compatibili con la loro elevata specializzazione.
In questa sera di festa desidero esprimere la mia vicinanza a quanti hanno sofferto e tuttora soffrono – malgrado il tempo trascorso – le conseguenze dolorose dei terremoti dell’Italia centrale, alle famiglie sfollate di Genova e della zona dell’Etna. Nell’augurare loro un anno sereno, ribadisco che la Repubblica assume la ricostruzione come un impegno inderogabile di solidarietà.
Auguri a tutti gli italiani, in patria o all’estero.
Auguro buon anno ai cinque milioni di immigrati che vivono, lavorano, vanno a scuola, praticano sport, nel nostro Paese.
Rivolgo un augurio, caloroso, a Papa Francesco; e lo ringrazio, ancora una volta, per il suo magistero volto costantemente a promuovere la pace, la coesione sociale, il dialogo, l’impegno per il bene comune.
Vorrei concludere da dove ho iniziato: dal nostro riconoscerci comunità.
Ho conosciuto in questi anni tante persone impegnate in attività di grande valore sociale; e molti luoghi straordinari dove il rapporto con gli altri non è avvertito come un limite, ma come quello che dà senso alla vita.
Ne cito uno fra i tanti ricordando e salutando i ragazzi e gli adulti del Centro di cura per l’autismo, di Verona, che ho di recente visitato.
Mi hanno regalato quadri e disegni da loro realizzati. Sono tutti molto belli: esprimono creatività e capacità di comunicare e partecipare. Ne ho voluto collocare uno questa sera accanto a me. Li ringrazio nuovamente e rivolgo a tutti loro l’augurio più affettuoso.
A tutti voi auguri di buon anno»
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