Dati da cambiare: la generazione Erasmus non fa l'Erasmus. Occorre investire maggiormente negli scambi culturali alle scuole superiori, negli scambi universitari Erasmus e non, nel servizio civile europeo per permettere a tutti di maturare con una piena consapevolezza del proprio essere cittadini europei. Incontrare i propri coetanei di altri Paesi, imparare a contare sulle proprie risorse, prendere in considerazione l'idea di avere degli amici "solo per un po' ", studiare le lingue fuori dai libri ma la cosa più bella, abituarsi al suono di sottofondo in ogni luogo pubblico di una lingua non propria: credo siano esperienze bellissime che tutti dovrebbero avere l'opportunità di vivere per crescere. Vivere all'estero per un po' aiuta a capire quanto è piccolo il proprio posto nel mondo, quanto è limitato il proprio punto di vista, quanto è chiuso lo schema da cui proveniamo. Credo che quando critichiamo i giovani bamboccioni o i neet, quando ci sono mamme chioccia convinte che il proprio figlio a 30 anni non sia in grado di mettersi su un piatto di pasta o giovani poco più che ventenni rilasciare dichiarazioni di identità definite basate sulla propria origine geografica (generalmente regionale o provinciale) dovremmo tutti capire che per rafforzare l'identità europea è indispensabile che le persone imparino a vedere orizzonti là dove un pezzo ben costituito del nostro provincialismo cerca di vedere muri. Spero che tutti i giovani di domani possano avere sempre lo sguardo pieno di sogni e lo zaino pronto, e gli strumenti per scegliere guardando sempre da più punti di vista lo stesso fenomeno.
Nessun commento:
Posta un commento
Prima pensa, poi scrivi