lunedì 7 marzo 2022

Guerre da fermare, una pace da abitare

Siamo donne delle istituzioni e delle associazioni, di partito e senza partito, di fede e senza fedi, vogliamo essere donne con il cuore multicolore e i piedi per terra. Abbiamo pensieri e storie diverse ma oggi l’unico pensiero è per la pace, contro la guerra, le armi e ogni forma di aggressione. Il territorio di Bergamo è diventato drammaticamente famoso nei due anni di pandemia e noi donne sappiamo quanto è costato far fronte all’emergenza: di colpo è stato visibile ed evidente come i lavori della cura e della relazione siano centrali e indispensabili. Bergamo è la provincia del volontariato, che sappiamo essere a maggioranza femminile, e le pratiche di solidarietà e di accoglienza di profughe e profughi sono già attive. Ma non vogliamo che le donne vengano considerate ancora una volta come le “crocerossine” del mondo, come coloro che si limitano a cercare di curare le ferite delle tragedie. Siamo confuse, arrabbiate, impotenti di fronte all’aggressione violenta di Putin, all’esibizione di un potere maschile che vuole cancellare democrazia, libertà, autonomia. 
Non vogliamo però che questi sentimenti ci lascino “senza parole”: le nostre emozioni e le nostre riflessioni camminano insieme, i pensieri e le pratiche si radicano nei nostri corpi e nelle nostre esperienze. Per questo non vogliamo che ancora una volta immagini di donne, bambini e bambine vengano “usate” per travolgere con un’emotività di superficie le nostre capacità di pensiero critico. Critico nei confronti di chi accusa pacifiste e pacifisti di coltivare ideali illusori e buoni sentimenti che non fanno i conti con la dura realtà e con la storia: è proprio dalla lettura della storia dei conflitti anche recenti, che abbiamo imparato che la guerra non si contrasta con le armi e la violenza. L’Italia e l’Europa hanno abbattuto il tabù dell’invio di armi offensive a Paesi belligeranti: noi pensiamo che questo “tabù” vada salvaguardato e che vada perseguito con ogni mezzo il tentativo di dialogo e mediazione. Non pensiamo sia necessario assumere la logica della guerra e della violenza per essere dalla parte di donne e uomini ucraini. Quando parlano le armi le donne vengono cancellate. Quando parlano le armi le donne vengono costrette a dimenticare la propria storia personale e collettiva e arruolate nello stato di necessità. Viene cancellata la storia politica che ha chiesto diritti senza esclusioni, che ha mutato le relazioni umane senza dichiarare nemici, che ha saputo agire pratiche di pace anche in guerra. Noi sappiamo che le armi sono il problema (anche quelle che da sempre vengono vendute con enormi profitti e acquistate dagli Stati con enorme spreco di risorse) e il nazionalismo non è la soluzione. Lavorare per la pace significa avere il coraggio del disarmo e inventare possibilità di dialogo che fermino ogni aggressione. L’azione nonviolenta a favore della pace in ogni territorio richiede la capacità di trovare parole convincenti, passi decisivi, condivisioni concrete e fattive. 
Non confondiamo popoli e governi, non confondiamo condizioni e vissuti; le minacce, le bombe che cadono sulla tua casa, le armi puntate, costringono a scelte difficili: sosteniamo le donne russe e ucraine che hanno il coraggio di parlare contro la guerra rischiando in prima persona, così come sappiamo aprire le nostre case per accogliere chi fugge dalla guerra senza fare distinzioni. 2 La democrazia italiana è nata nei lager, nelle carceri, al confino, in esilio, sulle montagne e nelle campagne, nelle fabbriche e nelle case dove un popolo disperso di donne e uomini ha trovato le radici del proprio essere nella storia, scegliendo quella democrazia che oggi ancora garantisce la nostra cittadinanza. Noi possiamo lavorare perché l’Europa si dichiari continente neutrale cominciando da ogni singolo Stato. L’art. 11 della Costituzione afferma che l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali: questo ci sostiene nella richiesta di immediate azioni diplomatiche e ci impegna ad avviare un confronto partecipato su che cosa significhi costruire un ordine fondato sulla sovranità disarmata. Ricordiamo che dall’Europa è partito il colonialismo e la ricchezza europea si è costruita con l’imperialismo, ma in Europa è cresciuto anche il sogno di libertà, uguaglianza e giustizia che ha alimentato la nascita della democrazia. 
Oggi la guerra è, come sempre, lo strumento per la ridefinizione dei poteri e l’appropriazione delle risorse: per questo le donne, ancora considerate risorsa, vengono zittite e arruolate in una rinnovata subalternità. Oggi ci sono tra noi donne che hanno responsabilità e potere di decisione. Siamo donne che sanno operare scelte e vogliamo fare la differenza. È tempo di cominciare un’altra storia, quella in cui la parola guerra diventa termine arcaico di un linguaggio caduto in disuso. Oggi rivendichiamo la pace, vogliamo che sia attuata ogni pratica di risoluzione dei conflitti, che si percorra ogni mediazione che salvi vite e territori. Non è un cammino già tracciato ma ogni strada si fa camminando insieme. 

BERGAMO, 2 marzo 2022

Seguono 423 firme di donne di tutta la Lombardia 




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