giovedì 18 settembre 2014

Il rispetto della soggettività femminile: questo sconosciuto

Rispetto della soggettività femminile: non pervenuto.
Niente da fare, anni di battaglie, la consapevolezza di molte donne che il cambiamento culturale va portato avanti in primis col proprio esempio di vita personale e comportandosi effettivamente come si vuole e non come gil altri richiedono, eppure a quanto pare ci sono dei muri che quando ci si va a sbattare contro risultano invalicabili.
Una persona costruisce una sua professionalità, sceglie la maternità consapevole ovvero sceglie di fare un figlio non per sbaglio, non a 20 anni ma volontariamente quando ha raggiunto una posizione lavorativa di rilievo, cioè quella per cui aveva studiato e poi viene demansionata nel momento in cui rimane incinta.
Per non parlare del modo in cui persino una ginecologa si pone di fronte alla futura neomamma, come se il diventare madre fosse prima di tutto uno specie di livellamento a degli standard altrui. Insomma non importa più quali siano i tuoi hobby, le tue passioni, cosa facevi nel tempo libero, se volevi viaggiare perché forse hai studiato e ti sei costruita una professionalità per questo PRIMA di diventare madre ... non conta più nulla, per la ginecologa la paziente è completamente livellata a qualsiasi altra madre, sia essa mezza analfabeta, casalinga, prostituta o qualsiasi altra casistica.
Quindi il medico non mette davanti le proprie competenze e conoscenze mediche sul quello che è meglio o no fare in quali fasi della gravidanza, ma un presunto ruolo famigliare cambiato tale per cui la donna è intrappolata in questo ruolo che invece di essere una risorsa diventa un handicap. A detta del medico. Cioè in pratica la soggettività rispettata è quella del medico rispetto all'oggettività scientifica delle informazioni che potrebbe fornire.
Per esempio, manager che dopo anni di trasferte in Canada va da una dottoressa chiedendo info sul volo del rientro e su eventuali certificati necessari all'imbarco da che mese etc e si sente rispondere "ma non possono costringerti ad andare in trasferta" e ci mette secoli a capire che nessuno la sta costringendo a fare nulla, si tratta di una richiesta di informazioni prettamente burocratiche per riuscire a fare il suo lavoro come sempre.
L'azienda che improvvisamente dopo anni di trasferte disdice il viaggio senza motivazioni, con un chiaro rischio di demansionamento qualora la persona dovesse poi trovarsi, dal fare un lavoro stimolante e all'altezza delle sue competenze, al fare un lavoro diverso semplicemente perché piano piano le vengono tolte delle attività che lei VUOLE svolgere ma che gli altri non la ritengono in grado di svolgere. Senza peraltro non solo nessuna prova, ma neanche nessun indizio di questa presunta inadeguatezza.
Una grande ignoranza serpeggiante e tanta, tanta strada da fare.  
Ognuna di noi col proprio esempio, col proprio comportamento, forse tra una generazione sarà permesso alle nostre figlie di essere soggettivamente se stesse anche nella maternità, tanto quanto a un uomo è stato permesso, da sempre, nel suo essere padre.
Li avete mai visti un dirigente e uno spacciatore o un docente universitario e un ragazzino che lavora come muratore a giornata magari diventato padre per sbaglio, insieme fuori da un asilo ad attendere pargoli socializzando forzatamente su argomenti in comune inesistenti? Semplicemente perché qualcuno per anni gli ha detto "adesso sei padre"? Ecco alle donne succede un po' questo: "adesso sei madre, quindi ..."
E' indispensabile trovare una chiave di lettura diversa, e risposte diverse. E' indispensabile che tutti noi quando ci poniamo una domanda iniziamo a trovare una decina di risposte possibili, e poi tra quelle scegliere la migliore.
Purtroppo a molte donne questo non viene concesso, per una domanda viene presentata una o due opzioni di risposta possibili, le altre non vengono neanche prese in considerazione.

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