martedì 4 giugno 2013

L'italiano medio e la svolta del presidenzialismo. Siamo sicuri che ci serva?

Partiamo da una premessa: il popolo italiano tende ad avere una tendenza smodata a seguire un leader senza chiedere un dibattito. A comprare un prodotto senza controllare quello della concorrenza. A fare rate per qualsiasi cosa senza prima chiedersi se poi quelle rate riuscirà a saldarle tutte. A firmare contratti senza leggerli. Ora che tutti state pensando "non io" ditemi se avete mai letto per intero il contratto della banca o la bolletta telefonica con tutte le sue postille, impiegati dei call center esclusi. E diciamocelo chiaro, negli ultimi anni non si è fatto molto per coinvolgere i cittadini nella politica e dare loro gli strumenti per analizzare la complessità della situazione economica che ora il nostro paese sta attraversando. In generale, la maggioranza degli italiani non ha neppure la voglia e il desiderio di confrontarsi in un dibattito su qualcosa di serio che non sia come sbarcare il lunario. L'attività prevalente di una larga fetta di popolazione (soprattutto in certe fasce d'età e livelli di istruzione medio-bassi) è difendere delle regole più o meno diffuse e non scritte che vengono date per assodate come: senza il posto a tempo indeterminato non si vive, il mutuo è qualcosa che nel corso della vita deve per forza capitare perché essere proprietari di un debito è un vanto di cui parlare al bar, il matrimonio è un passo che nella vita si deve affrontare per sistemarsi e l'alternativa è essere circondati di rompiscatole in continuazione, i figli vanno battezzati per quieto vivere anche se non si è credenti, e tutti gli altri luoghi comuni che fanno da base alla vita di una larga parte della popolazione. Un insieme di luoghi comuni, di elementi dati per certi che denotano una scarsa capacità del cittadino medio di ragionare sulla base della contingenza, dell'unicità delle situazioni, della complessità di ciascuna persona e di quello che dovrebbe essere lo scopo principale della vita di ciascuno di noi, ovvero la ricerca della felicità e dell'equilibrio interiore. In pratica, l'equilibrio di una gran parte di persone è basato su idee imposte da altre e accettate come proprie senza nessun tipo di analisi profonda della propria vita e/o di quella altrui. L'altra parte della popolazione (talvolta le 2 parti coincidono) invece è impegnata ad aggirare le leggi, quelle scritte però: come evadere le tasse, come aggirare i vigili quando ti fermano, come ingannare l'autovelox, come fregare l'assicurazione, come darsi malati ad agosto senza farsi scoprire, come non pagare il biglietto dell'autobus, e tutto quello che vi sta venendo in mente in tema "fatta la legge, trovato l'inganno".
Italiani che vivono secondo questi costumi e con questo senso civico, vorrebbero però decidere su scelte elevate esautorando la politica dal farlo. La storia si ripete sempre, soprattutto quando non viene insegnata e si fa di tutto per farla dimenticare o per riscriverla secondo un modo di intendere i fatti parziale e demagogico.

Aggiungiamo un fatto: siamo nel bel mezzo di una crisi economica, un milione e mezzo di posti di lavoro persi dal 2007 secondo la CGIL, il precariato impera, lo sfruttamento non parliamone, sul lavoro nero è anche inutile approfondire; abbiamo un governo di larghe intese basato su un equilibrio sottile; il livello di istruzione medio degli italiani è scandaloso, la meritocrazia nei posti di lavoro è inesistente, all'estero ci chiedono cosa ci fa il nostro ex premier ancora lì e gli amici dall'estero ci invitano ad espatriare.

Aggiungo le considerazioni personali: l'attuale sistema ci ha dato Pertini, Scalfaro e tanti altri ottimi presidenti. Tra l'altro, ci si scandalizzava tanto durante l'elezione di Napolitano perché a quanto pare alla sesta votazione era quasi impossibile non avere un presidente, ma ricordiamoci che ci furono presidenti eletti dopo 12 o 15 votazioni, e addirittura Giovanni Leone nel 1971 fu eletto dopo 23 votazioni. E non mi dite che adesso c'è una situazione di maggiore emergenza, perché nel '71 si era in una fase altrettanto delicata.

Poniamoci una domanda: è davvero necessario occuparsi di riformare il modo di eleggere il presidente della repubblica ed eventualmente i poteri da attribuirgli ora? Davvero gli italiani sono interessati a questo, per la loro vita quotidiana, al di là dei sondaggi? E' una priorità? Dati i fatti di cui sopra, serve a qualcosa a migliorare il nostro paese avere un presidente con più poteri o eletto direttamente dal popolo? O fa comodo a qualcuno che ha già un piano in mente per il lungo periodo, e come al solito noi altri non vediamo quel piano o facciamo finta di non vederlo o pensiamo che non sia così tragico, e stiamo al gioco dell'avversario, detto anche competitor, ora provvisoriamente alleato? Non è più importante occuparsi ora di riforme economiche e per il lavoro, ed eventualmente più avanti occuparsi delle riforme istituzionali? Non è meglio prevenire il gioco dell'avversario invece di lasciarlo entrare in area con il loro schema e poi lasciare che la nostra difesa si sfasci per mancanza di gioco di squadra? Perché già lo sappiamo che poi va a finire così. E' già successo con Prodi, e quando ci sarà da fare propaganda per un candidato o un altro succederà di nuovo, noi ci spaccheremo su mille opzioni, loro avranno un solo nome e gli italiani di cui alla premessa saranno tutti davanti alla tv spazzatura, e da quella prenderanno ispirazione per la loro scelta. Io cercherei altre risposte prima. Anzi, diciamo meglio: io porrei altre domande prima, alla politica al paese, a come far crescere il nostro senso civico e a come rafforzare il rapporto con le istituzioni.

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