Risale all'8 gennaio la proposta
presentata da Matteo Renzi di un Jobs
Act che si ponga come obiettivo la riduzione della disoccupazione giovanile e
di la creazione, per ogni diverso settore, di un singolo piano industriale con
indicazione delle azioni operative e concrete necessarie a creare posti di
lavoro.
Da allora soggetti differenti si
sono attivati per collaborare alla creazione di tale piano, portando le proprie
idee e collaborando con Renzi, come fa ad esempio Civati. Da ultimo,
sembrerebbe, persino il Segretario della Fiom Landini, che ha incontrato stamattina il segretario del
PD.
Ma la proposta più seria e
strutturata arriva in seguito a qualche settimana di indagine e confronto da
parte di un gruppo di Parlamentari del PD, che sottoscrive un documento contenente dieci idee per
far ripartire il lavoro e per provare a costruire insieme delle linee guida per
questo documento.
Di seguito i 10 punti:
1) RISORSE. Il primo punto è
riconducibile al nodo delle risorse. Ad esempio, per estendere in modo
universale l’indennità di disoccupazione, occorrono vari miliardi di euro: dove
si trovano nell’immediato?
2) REGOLE. Per quanto riguarda
la parte dedicata al lavoro si rende necessario chiarire quale sia il
meccanismo del Contratto di inserimento a tempo indeterminato: noi non abbiamo
nessun pregiudizio, anche perché su questo stesso argomento e con contenuti
analoghi, esiste una proposta di legge presentata dal PD già nella scorsa
legislatura e ripresentata nell’attuale, prima firmataria Marianna Madia
*(Proposta di Legge C.364, presentata il 20 marzo 2013),* che abbiamo condiviso
fin dall’inizio. Vorremmo però entrare maggiormente nel merito, tenuto conto
dell’esperienza di questi anni: l’eventuale incentivo legato alla “prova lunga”(da
sei mesi a tre anni) deve essere erogato al datore di lavoro soltanto al
termine del periodo e se avviene la trasformazione a tempo indeterminato del
contratto; in caso di licenziamento durante la prova, va garantito al
lavoratore un congruo indennizzo economico. È pienamente condivisibile che il
Piano preveda, accanto al Contratto di inserimento, il disboscamento della
enorme quantità di forme di lavoro precario. Infine, riteniamo essenziale che
il passaggio alla stabilità, dopo la prova, comporti la piena tutela
dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per i neo-assunti sia per quanto
riguarda il licenziamento senza giusta causa per motivo discriminatorio sia per
motivi economici. Occorre programmare specifiche politiche per l’occupazione
femminile, realizzare un Piano di investimenti per gli asili nido, attuare
politiche di conciliazione famiglia-lavoro.
3) CODICE DEL LAVORO. A
proposito della definizione del nuovo Codice del lavoro, non vorremmo che
l’idea della semplificazione si trasformasse invece in una deregolazione delle
tutele: un conto è sveltire le procedure, semplificare gli adempimenti, rendere
più chiara e organica la normativa, un altro cancellare i diritti. La
semplificazione deve essere vantaggiosa per tutti, imprese e lavoratori, dando
certezza al diritto.
4) LAVORI AUTONOMI. L’Istat ha
classificato i lavori autonomi in quattro categorie: imprenditori e lavoratori
in proprio, liberi professionisti, coadiuvanti e soci di cooperative,
collaboratori e lavoratori occasionali. Proprio per questo riteniamo sia utile
cercare di individuare un insieme di principi e regole essenziali per non
annullare le singole specificità, ma definire un patrimonio di tutele e di
incentivi rispondenti alle esigenze comuni di questi soggetti, riconoscendo e
valorizzando il loro lavoro. Per questo nella XVI legislatura era stata
presentata dal PD una proposta di legge sullo “Statuto del lavoro autonomo”,
che potesse garantire:
- semplificazione: burocrazia
più rapida per l’avvio di un’attività autonoma, regolazione della
rappresentatività delle associazioni di rappresentanza dei lavoratori autonomi,
adozione di marchi di qualità per promuovere le prestazioni dei lavoratori
autonomi e tutelare i consumatori, accesso all’informazione sugli appalti
pubblici.
- facilitazione: apertura di
servizi di consulenza organizzativa, finanziaria, di mercato e di
certificazione delle competenze per chi avvia un’attività autonoma, esenzione
di Irap e Irpef per i primi tre anni d’attività ai giovani fino a 35 anni e i
disoccupati di lunga durata che aprono un’attività autonoma, istituzione di
prestiti a tassi agevolati.
- sostegno: formazione e
aggiornamento professionale con programmi formativi e voucher specifici per i
lavoratori autonomi, promozione del lavoro autonomo femminile con il
finanziamento di apposite azioni positive e la costituzione di un fondo
nazionale per l’imprenditoria femminile, finanziamenti per la ricerca e
l’innovazione, esclusione dall’Irap per i lavoratori autonomi senza impresa e
aumento delle deduzioni per gli altri, tutela per i ritardati pagamenti e
facilitazione nell’accesso al credito.
- salvaguardia: assicurazione
obbligatoria contro gli infortuni anche per i lavoratori autonomi;
finanziamento per gli investimenti e la prevenzione per la sicurezza sul
lavoro; compensi equi, regolati e tutelati; sostegno alla maternità pienamente
esigibile anche per le lavoratrici autonome; riduzione dell’aliquota
contributiva allineata a quella degli altri lavoratori autonomi iscritti
all’Inps. Pensiamo sia giusto ripartire da qui: il nostro Partito deve
rivolgersi anche a questi lavoratori che rappresentano il mondo dei nuovi
lavori e delle nuove professioni.
Cambia il lavoro ma non possono
cambiare le tutele e noi dobbiamo saperci rivolgere anche a coloro che hanno
risposto alla crisi rilanciandosi con coraggio.
5) AMMORTIZZATORI SOCIALI. Un
punto particolarmente importante e delicato è rappresentato dal tema degli
ammortizzatori sociali: l’idea condivisibile del Piano, di avere un assegno di
disoccupazione universale per chi perde il lavoro, non va confusa e
contrapposta con la Cassa integrazione. Nel primo caso si tratta di uno
strumento pagato dalla fiscalità generale a vantaggio del disoccupato; nel caso
della Cassa integrazione ordinaria e straordinaria si tratta di una tutela che
viene pagata, in termini mutualistici, dalle imprese e dai lavoratori e che
mantiene il rapporto di impiego. Cancellare questo secondo strumento
significherebbe gettare sul mercato del lavoro centinaia di migliaia di nuovi
disoccupati: una vera e propria bomba sociale. Occorre ricordare che, dal 2008,
la Cassa integrazione raggiunge la cifra record di circa un miliardo di ore
ogni anno. É invece necessario riformare la Cassa integrazione in deroga che si
è ormai trasformata in una specie di indennità di disoccupazione, prevedendo un
contributo delle imprese e dei lavoratori che la utilizzano. Il Governo ha
presentato un decreto legge su questo tema che verrà discusso a breve dal
Parlamento.
6) RAPPRESENTANZA e MODELLO di
CONTRATTAZIONE. Il Jobs Act ripropone il tema della rappresentanza e della
rappresentatività dei sindacati: è un passo avanti condivisibile. Vogliamo
ricordare che in Commissione Lavoro della Camera sono depositate, su questo
argomento, alcune proposte di legge di maggioranza e di opposizione e che sono
pressoché terminate le audizioni con le parti sociali *(Proposta di legge
C.519, presentata il 25 marzo 2013; abbinata con C.5, C.709, c.1376, c.1549)*.
Ci sono le condizioni per arrivare ad un testo unificato: il PD sostenga questa
soluzione che risolverebbe il problema della presenza nei luoghi di lavoro dei
delegati di tutte le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
(nessuna esclusa) ed il tema del censimento della rappresentatività dei
sindacati che hanno diritto di stipulare contratti nazionali di categoria.
Per quanto riguarda il modello
di contrattazione, non richiamato nel Jobs Act, riteniamo che il PD debba
tenere a riferimento l’accordo raggiunto in materia dalle parti sociali e
ribadiamo la netta contrarietà a spostarne il baricentro verso la
contrattazione aziendale, che va invece mantenuta in equilibrio con il
contratto nazionale. Semmai si tratta di specializzare ulteriormente i due
livelli: in azienda il negoziato sulla produttività; nel contratto nazionale la
difesa del salario dall’inflazione e la definizione delle normative. La
contrattazione individuale, tanto cara al centrodestra, esporrebbe i lavoratori
al massimo arbitrio, soprattutto nell’attuale situazione di crisi.
7) PARTECIPAZIONE dei
LAVORATORI. Il Jobs Act affronta anche il tema, assai controverso, della
presenza di rappresentanti dei lavoratori nei consigli di amministrazione. Non
condividiamo questa proposta perché abbiamo sempre preso a riferimento il
modello tedesco dei Comitati di sorveglianza. Anche in questo caso esiste un
disegno di legge del PD che intende introdurre, nelle aziende con più di 300
dipendenti, Comitati Consultivi che possano esprimere pareri e raccomandazioni
sulla cessazione o sul trasferimento di aziende, sulle fusioni e sui nuovi
insediamenti, con le relative ricadute occupazionali *(Proposta di legge
C.1904, presentata il 19 dicembre 2013)*.
8) COSTO del LAVORO. Un fattore
di incentivo allo sviluppo ed all’occupazione è certamente rappresentato della
diminuzione del costo del lavoro: parte prevalente delle risorse che il Governo
sarà in grado di reperire nel prossimo futuro vengano indirizzate per la
riduzione del cuneo fiscale. Sarebbe sbagliato invece immobilizzarle nel
salario di produttività, in una fase di assenza di contrattazione aziendale. E’
necessario concentrarsi sulle esigenze reali dei lavoratori, a partire
dall’aumento del potere d’acquisto delle retribuzioni attraverso la riduzione
della pressione fiscale sulle buste paga.
9) SALUTE e SICUREZZA SUL
LAVORO. L’azione pubblica in materia di lavoro deve essere finalizzata alla
ricerca di una occupazione non solo quanto più possibile ampia ma, al contempo,
dignitosa e, comunque, tale da non arrecare alcun pregiudizio alla salute ed
alla dignità dei prestatori di lavoro. La tutela della salute e sicurezza nei
luoghi di lavoro è un tema che certifica il grado di avanzamento civile,
sociale, economico e morale di un Paese e deve essere quindi patrimonio della
coscienza collettiva. La battaglia per la sicurezza e la riduzione degli
incidenti sul lavoro è una battaglia di civiltà. Si ritiene pertanto
prioritario proseguire nel lavoro fatto negli anni del Governo Prodi
(2006-2008) attraverso la promozione e diffusione della cultura della sicurezza
e il riordino della legislazione. I pilastri fondamentali per tale azione sono:
prevenzione, formazione, informazione, controlli.
Va inoltre incentivata una forte
azione di contrasto per l’economia illegale.
10) PREVIDENZA. Nel Jobs Act non
si parla di previdenza. Noi pensiamo che occorra aprire questo cantiere per
affrontare i temi seguenti: l’introduzione della flessibilità in uscita dal
lavoro verso la pensione, sulla quale il Governo sta per avanzare una proposta
(esiste sul tema un disegno di legge del PD, *Proposta di Legge C.857,
presentato il 30 aprile 2013*); la soluzione del problema delle
“ricongiunzioni” *(Proposta di legge C.929, presentata il 15 marzo 2013);* la
definizione di meccanismi che garantiscano una pensione adeguata e dignitosa
per le giovani generazioni; l’apertura di un tavolo di concertazione tra
Governo e parti sociali sull’adeguamento delle pensioni medio-basse con la
revisione dei meccanismi di indicizzazione. Occorre altresì pensare ad un
progetto di universalizzazione e automaticità delle prestazioni.
La proposta è stata sottoscritta
da un gruppo di deputati del PD:
Cesare Damiano, Roberta
Agostini, Luisella Albanella, Ileana Argentin, Cristina Bargero, Davide
Baruffi, Teresa Bellanova, Antonio Boccuzzi, Salvatore Capone, Floriana
Casellato, Laura Coccia, Miriam Cominelli, Gianni Cuperlo, Alfredo D’Attorre,
Umberto D’Ottavio, Andrea De Maria, Umberto Del Basso De Caro, Marilena Fabbri,
Gianni Farina, Stefano Fassina, Massimo Fiorio, Maria Luisa Gnecchi, Monica
Gregori, Chiara Gribaudo, Antonella Incerti, Giuseppe Lauricella, Patrizia
Maestri, Elisa Mariano, Marco Miccoli, Daniele Montroni, Alberto Pagani,
Massimo Paolucci, Valentina Paris, Emma Petitti, Giorgio Piccolo, Fausto
Raciti, Roberto Rampi, Giovanna Sanna, Chiara Scuvera, Giuseppe Zappulla
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