lunedì 12 gennaio 2015

La funzione della scuola e la scarsa lungimiranza di persone senza strumenti

In una scuola in Veneto un professore assegna un tema: "Persuadi il tuo compagno leghista che l'immigrazione non è un problema ma una risorsa" e la Lega ovviamente scatena polemiche strumentali.
Un'incredibile incapacità dei genitori dei ragazzi coinvolti di vedere il futuro, di guardare al potenziale che questa giovane generazione può avere di invertire la rotta.
Come rivela la storia del ragazzo bresciano fuggito per andare a combattere in Siria, ripresa giovedì sera da un servizio di La7, molti ragazzi prima di andare a combattere erano persone semplici, magari povere e provenienti da famiglie che non avevano particolari capacità educative, ma persone che avevano tutto il potenziale per diventare buoni cittadini. Il bullismo, la discriminazione, l'essere abbandonati a se stessi ha creato in loro un bisogno di riconoscimento. La scuola ha una funzione educativa, di creare cittadinanza, di educare a essere parte di una comunità, non di una famiglia. Non smetterò mai di ripetere un concetto a me caro, in Italia siamo troppo famiglia e troppo poco cittadini. E' un problema culturale anche nostro, non solo dell'Islam.
All'interno di una classe è necessario che ci sia la possibilità per tutti di essere parte di una squadra, di essere potenzialmente in futuro parte attiva nella società allo stesso modo. Ma come in una squadra, il giocatore che viene deriso o lasciato in panchina, finirà per essere venduto ad un'altra squadra che lo saprà valorizzare. Mettere tutte le intelligenze al servizio di un bene comune non è di destra o di sinitra e prescinde dall'opinione personale di un adulto sull'islam, sia esso l'insegnante o il genitore.
Cito un pezzo di un articolo di Vito Mancuso pubblicato un paio di giorni fa:
"Ieri accompagnando mia figlia a scuola pensavo che in classe avrebbe trovato un compagno di fede musulmana e mi chiedevo con che occhi l’avrebbe guardato e con che occhi l’avrebbero guardato gli altri studenti. La disposizione dello sguardo dei figli dipende molto dallo sguardo e dalle parole degli adulti. Ma ora qualcuno provi a pensare di essere un musulmano quindicenne che ogni giorno si sente addosso sguardi diffidenti e rancorosi, e immagini che cosa finirebbe per pensare dell’occidente. (...) Siccome il terrorismo islamico purtroppo c’è ed è in crescita nel cuore stesso dell’Europa, spetta a ognuno di noi decidere se trasformare ogni musulmano in un nemico e in un potenziale terrorista oppure no. E tutto procede da come parliamo dell’Islam e da come guardiamo i musulmani."
Un importante insegnamento per genitori, insegnanti e politici locali pronti a improvvisarsi analisti esperti in politica estera, magari dopo essere andati in vacanza a Jesolo da sempre e non aver neanche mai messo piede fuori dall'Italia se non per un comodo all inclusive, pronti a trasmettere ai figli come "educativa" un'opinione da bar che è giusto che sia espressa al bar, ma che non può diventare linea guida di un approccio al diverso di un'intera società. Nella fase di crescita il ragazzo si sta formando come cittadino, come parte di un sistema Paese, come futuro lavoratore e come persona che nel suo complesso può scegliere di contribuire allo sviluppo della società stessa o alla sua distruzione. La libertà è anche questo: osservare la propria società, decidere se e come farne parte e fino a che punto contribuire a cosa.
La scuola e tutti le occasioni di socializzazione per bambini e adolescenti hanno quindi un compito molto arduo: far sì che lo sguardo di un bambino verso l'altro si mantenga quanto più a lungo possibile, e che l'approccio alla conoscenza e al gusto della scoperta non sia rovinato già in giovane età con l'introduzione di preconcetti che poi sono ovviamente duri a morire in età adulta.
Non far nascere quel preconcetto nelle nuove generazioni è una responsabilità di tutti perché domani non ci siano persone musulmane, uomini o donne che siano, che finiscono col scegliere la famiglia, la moschea, o chiunque li accolga e li indottrini come "meglio" rispetto a una società che non ha saputo trovargli un posto e dialogare con loro per anni.  

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