Riporto una parte dell'intervista dell'on. Roberto Rampi a Radio Radicale - qui potete riascolarla - sul tema della pena di morte e sul ruolo dell'associazione "Nessuno tocchi Caino".
"Credo che in un momento come questo la paura rischi di
mettere in discussione alcuni nostri diritti fondamentali e alcune basi
culturali su cui è basata la nostra società: la convivenza civile e il diritto
a una giustizia, la possibilità delle persone di recuperare rispetto agli
errori che hanno fatto. Pensiamo oggi a quanti cittadini italiani, ma anche
quanti cittadini del mondo, avrebbero la forza e il coraggio di dire che un
assassino come quelli che stanno colpendo con il terrore diverse città del
mondo, da Parigi al Mali alla Turchia, è una persona che se possibile dovrebbe
essere recuperata e dovrebbe provare a essere reinserita nella società. È una
cosa assolutamente contro il senso comune. Però questa è la battaglia che da
sempre porta avanti “Nessuno tocchi Caino”. La pena di morte in molti Paesi è
considerata un fatto normale proprio perché si considera che una persona che ha
ucciso o ha commesso delle violenze inaudite su minori o su donne non abbia più
il diritto di vivere.
Ecco io credo, pur senza andare a rispolverare Beccaria, che
non appartenga allo Stato la scelta di dire chi ha il diritto di vivere e chi
no. Lo Stato deve occuparsi in maniera pratica di risolvere un problema. Se c’è
una persona pericolosa finché è pericolosa bisogna anche purtroppo detenerla ma
in realtà l’obiettivo dello Stato è quello di capire le ragioni di quella
persona e di provare a ricostruire un senso di cittadinanza.
Penso che questo Paese avesse qualche elemento forte da
questo punto di vista perché sia la cultura cattolica sia la cultura del campo
socialista avevano diffuso un’analisi, un’idea anche nei ceti più popolari che
tutto sommato chi commette i crimini non lo fa solo per una spinta individuale ma
lo fa perché deriva da un certo contesto e perché c’è un problema sociale. In
questo momento storico questo tema è venuto molto meno. Ad esempio quando
Bergoglio in Africa dice che è la povertà che ha armato gli assassini, dice una
cosa normale in realtà per la storia della Chiesa ma non più molto sentita nel
senso comune. Allora credo che in un momento come questo ci sia più bisogno di
una realtà come “Nessuno tocchi Caino” che magari provi a raccontare anche la
realtà delle carceri italiane, e quando noi pensiamo di compiere la giustizia
quanta ingiustizia compiamo, che è una cosa di cui si parla poco. Ma
soprattutto quel tema di fondo che peraltro è l’origine del nome: se Caino ha
ucciso Abele, il problema è se noi abbiamo la capacità di non essere anche noi
Caino e di trasformare Caino, cioè di fare in modo che Caino capisca il suo
errore e superi il suo essere Caino, oppure se eliminandolo anche noi siamo noi
tutti a diventare dei Caino. Ecco questo credo sia il problema."
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