Il deputato Roberto Rampi (Pd) in un'intervista a Radio Radicale di Federico Punzi ci spiega i principi e i criteri direttivi della legge delega di riforma del finanziamento pubblico dell'editoria, licenziata questa settimana dalla Commissione Cultura della Camera e pronta per l'esame in aula.
G: Siamo con l’on.
Roberto Rampi del PD che è relatore della riforma del finanziamento pubblico
dell’editoria. Si tratta di una legge delega e in settimana la Commissione
Cultura ha concluso l’esame del testo. Quando sarà discussa in aula e quali
sono i principi cardine della delega?
R: Noi andiamo in
aula da lunedì per la discussione generale, poi abbiamo i voti fissati in
settimana dopo due provvedimenti che la precedono, e speriamo la prossima
settimana di concludere. La legge nasce prendendo
atto della difficoltà del settore e contiene una grande innovazione: si
passa dai contributi per l’editoria al fondo per il pluralismo dell’informazione,
cioè cambia lo scopo. Noi vogliamo occuparci della condizione di tante aziende
e dei loro lavoratori che vivono in una situazione di difficoltà. Ma ci
interessano in particolare perché legate a queste aziende che editano
soprattutto piccole testate e giornali locali c’è un punto essenziale della
democrazia, che è il diritto alla conoscenza e il diritto all’informazione. In tante aree del Paese se non ci fossero
queste testate locali non ci sarebbe informazione, perché questo è un momento
in cui tutti sappiamo cosa succede nel mondo ma sappiamo poco e tante volte
sappiamo male quello che succede vicino a casa nostra.
G: Ecco un’altra
delle novità è che non potranno accedere ai fondi le testate di partito e dei
movimenti.
R: Sì noi abbiamo
cercato di lavorare a dei criteri di delega che uniformino il più possibile la
condizione dell’accesso a questi contributi, e appunto l’idea è quella di
superare intanto le vicende negative del passato che hanno danneggiato un
principio importante. Oggi molti cittadini pensano che sia sbagliato dare
contributi ai giornali, ai quotidiani e ai periodici perché sono rimasti
colpiti dagli scandali dei quotidiani che non esistevano o di giornali che
perché legati a questo o a quel gruppo politico riuscivano a prendere i
contributi. Non deve essere più così. Noi pensiamo che con una riforma di
questo tipo potrà accedere al contributo pubblico solo chi davvero svolge
un’attività preziosa sul territorio, ha un certo numero di lettori e quindi è
sostenuto dai cittadini, riesce a trovare risorse proprie ma senza un aiuto
pubblico rischierebbe comunque di non farcela. Nulla vieta che queste realtà
abbiano un’opinione, un punto di vista, delle tendenza, ma non c’è nessuna
ragione per cui ci debba essere un trattamento particolare per un giornale di
partito o di un movimento.
G: Quindi diciamo
che non c’è una vera e propria esclusione a testate che fanno riferimento a
partiti e movimenti politici ma non sarà più questo un criterio per l’accesso
al fondo.
R: Non è
sicuramente un criterio da premiare come in passato è stato. Noi diciamo anche
che è un tema da escludere nel senso che crediamo che si debba escludere il
riferimento diretto. Non finanzieremo
organi di partito. Ovviamente tutti i giornali hanno un loro punto di vista.
Quindi ci saranno giornali che faranno più riferimento a una realtà o a
un’altra. Ad esempio in questo momento dell’informazione italiana mi sembra
che Il Fatto Quotidiano sia chiaramente ispirato contro il Partito Democratico
e a sostegno del Movimento 5 Stelle, però non è l’organo di quel movimento.
G: Un’altra
esclusione se non sbaglio passa da un emendamento che esclude anche la grande
editoria.
R: Sì abbiamo
precisato in maniera molto secca per chiarire una volta per tutte alcune cose
che temo anche la prossima settimana sentiremo in aula facendo riferimento ai
milioni che vanno a giornali “amici del Governo”. Ora, ognuno valuti se i
giornali sono amici o nemici, per me il
pluralismo dell’informazione è un valore e non mi interessa. Credo che le voci
debbano esserci tutte, di solito la stampa se fa bene il suo lavoro mette in
discussione chi governa, e quindi va bene così. Ma detto questo i grandi
giornali non prendono contributi pubblici, non ne devono prendere, non è questa
la logica della legge, e noi in maniera molto esplicita e molto netta abbiamo
detto che chi è legato a Spa non accederà a questi finanziamenti.
G: Tra le fonti di
finanziamento del fondo è prevista anche una nuova tassa a carico dei
concessionari della raccolta pubblicitaria, giusto?
R: Sì non è una
tassa a mio parere, è un contributo di solidarietà perché è tutto interno al
mondo dell’editoria, quindi non sono soldi in più che vengono dati allo Stato
ma si decide che una piccolissima parte di guadagni cioè lo 0,1% delle grandi società
di raccolta pubblicitaria venga destinato appunto alle piccole testate locali,
alla piccola editoria locale in una
logica che è interna a un mercato e a un mondo dove chi riesce a reperire
grandi risorse dia una mano e un aiuto ai più piccoli, ai più deboli, a quelli
che rischiano invece di chiudere.
G: Quanto pesa
questo contributo sul totale del fondo?
R: Adesso la
commissione bilancio sta facendo una valutazione tecnica, e noi probabilmente
prima del voto in aula martedì avremo dei dati più di dettaglio. Bisogna
raccogliere tutte le informazioni che ovviamente cambiano di anno in anno sui
fatturati di queste realtà. Non è sicuramente questo il punto di svolta del
fondo. Il grosso del fondo deriva intanto dai contributi già presenti oggi
nella legge dello Stato che però vengono stabilizzati in questo fondo. Poi da
una parte della plusvalenza del canone Rai che in parte è destinata all’abbattimento
del debito pubblico, una parte a ridurre il canone a chi è in difficoltà. Era
già stato previsto in legge di stabilità che una parte fosse destinata a un
fondo per le tv locali. Le tv locali rientreranno in questo fondo per il
pluralismo dell’informazione quindi una parte di questa plusvalenza servirà sia
per le tv locali, sia differentemente per le testate locali periodiche,
quotidiane, online e offline, per un pluralismo dell’informazione.
G: Sono possibili
ulteriori modifiche in aula sulla legge?
R: Credo che
qualche modifica ci sarà ancora, anche perché noi abbiamo fatto un lavoro molto approfondito e molto condiviso in
Commissione, abbiamo ascoltato numerosissimi esponenti di tutti i settori in
audizione, abbiamo unificato due testi di legge diversi, che venivano dal
Partito Democratico e da SEL, abbiamo raccolto contenuti e suggerimenti da
tutte le forze politiche, anche dal Movimento 5 Stelle che si è detto da subito
contrario alla legge ma che pure ha contribuito ad alcuni elementi di delega,
e quindi l’atteggiamento verso l’aula è che ci sono ancora delle questioni che
si possono precisare meglio, migliorare. Vedremo gli emendamenti che saranno
presentati lunedì e tenteremo di recepirli, finora abbiamo fatto così.
Nessun commento:
Posta un commento
Prima pensa, poi scrivi