La spettacolarizzazione della politica è un fenomeno a cui assistiamo ormai da molto tempo.
Mira a coprire il lavoro vero, l'impegno costante (che spesso non fa notizia) e le cose concrete costruite piano piano in nome del "titolo" e di una presunta migliore visibilità.
Le persone non sanno ascoltare un discorso intero, prendono solo la battuta divertente e cercano di costruire il conflitto anche dove non dovrebbe esserci, perché l'idea che tutto sia conflitto risponde agli istinti delle persone e non richiede ulteriori ragionamenti.
Così è più facile vendere il proprio prodotto, farsi notare in una selva di media che concorrono tra loro a chi attira più fan, più followers, più click, più mi piace.
Il tutto però sta portando a una semplificazione ai limiti dell'infantilismo e dell'analfabetismo funzionale e trovo tutto ciò assolutamente dannoso per lo sviluppo umano e culturale della nostra società. Non ci sono ricette miracolose per risolvere i problemi, c'è un lavoro comune sul lungo periodo, l'idea che le cose vadano analizzate a fondo e capite prima di essere giudicate, ma se si perde tutto questo si perde la base della democrazia. Si va dicendo alle persone che non conta il pensiero ma lo slogan, che non conta l'approfondimento ma la capacità di dire cose semplici in modo da essere capiti, non conta l'autenticità ma la capacità di dire la frase giusta al momento giusto per essere politicamente corretti. Non si cerca di spiegare quando non si è capiti, si va dietro a chi non capisce mettendosi sullo stesso piano.
Si perdono gli obiettivi veri in nome di ... di cosa esattamente? Di piccoli obiettivi a breve termine che non hanno in sé una visione del futuro e del Paese come lo vorremmo.
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mercoledì 19 novembre 2014
Rumore di niente
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