Un approccio equilibrato, approfondito e che guarda al futuro. E' quello che l'on. Roberto Rampi ha provato a condividere con noi all'interno di una due giorni per parlare di intercultura e integrazione: i migranti non come un problema ma come un'opportunità di incontro con l'altro e la scuola come occasione di incontro tra culture diverse, di contaminazione attraverso cui creare un futuro di piena integrazione anche nel mondo adulto. Da sempre convinta che le storie, le energie e i racconti di vita degli altri siano la chiave per la nostra crescita individuale e collettiva, condivido anch'io con voi un breve pezzo di questo intervento:
"Le migrazioni sono una sfida, l'incontro culturale è sempre una sfida perché le identità diverse quando si incontrano sono sicuramente un oggetto sfidante per ognuno di noi. Il tema vero è che valore diamo alla parola sfida. Allora la sfida uno può vederla come qualcosa che spaventa e che lo fa desistere, oppure può vederla come una grande occasione e opportunità, e io la penso esattamente in questo secondo modo. Abbiamo in mente che ogni persona diversa da noi è una grande ricchezza, è un potenziale, un portato di arricchimento di noi stessi per cui chi viene in questo Paese sta portando con la sua storia, con la sua energia e con anche le sue sofferenze qualche cosa che è un valore aggiunto. Il punto è se noi siamo in grado di gestire questo incontro. La capacità di riconoscere la propria storia, la propria identità culturale, le proprie radici, è uno di quegli elementi che ti dà la forza per accogliere più tranquillamente quelli hanno una cultura diversa dalla tua.
Lo spaesamento che è figlio del nostro tempo, il nichilismo, l'idea di una globalizzazione un po' insipida, ci ha probabilmente reso tutti più deboli, più paurosi di perderci e quindi ci viene facile una risposta di chiusura che ci fa alzare i muri come a difenderci da qualche cosa che in realtà è dentro di noi, cioè siamo noi che non sappiamo più bene chi siamo e allora abbiamo paura di incontrare l'altro e di perderci nell'altro perché non siamo forti di quello che siamo noi. Chi è forte della propria identità, chi è forte della propria cultura è pronto, disponibile, in grado e culturalmente attrezzato per contaminarsi con gli altri senza paura di perdersi ma pensando di generare qualche cosa di nuovo. Tutta la storia dell'uomo è questo, è generare qualche cosa di nuovo, tutti quelli che noi chiamiamo prodotti tipici sono in realtà prodotto di incontro, di incroci. E qui veniamo alla scuola: la scuola ha un potenziale straordinario, perché i bambini non hanno minimamente la percezione dei problemi che ci poniamo noi. I bambini non hanno l'idea che l'altro bambino sia qualche cosa di diverso e di lontano. E qualcosa che imparano lungo il cammino, a volte perché glielo insegniamo noi, spesso perché glielo insegniamo male, e qualche volta perché abbiamo delle leggi che stiamo tentando di cambiare che producono degli effetti paradossali. Stiamo provando a modificare questa legge della cittadinanza e sono convinto che ci arriveremo, perché ora produce un effetto paradossale: un bambino che è vissuto 18 anni in questo Paese e che non è nient'altro che italiano, a un certo punto al compimento della maggiore età qualcuno gli racconta che è straniero.
Le scuole sono diventate molto di più un luogo di incontro anche per gli adulti, anche per i genitori: i nostri bambini sono diventati il canale più potente per un lavoro di integrazione anche sugli adulti, perché i legami che si creano tra i bambini diventano l'occasione per rompere quelle barriere e quei pregiudizi che spesso gli adulti hanno. Il legame che si crea tra i bambini crea un ponte. E sappiamo tutti che tante volte sono gli stessi bambini che sono interpreti e mediatori culturali per i loro genitori. L'opportunità di classi ricche di culture diverse è un'opportunità straordinaria e credo che il futuro di un atteggiamento più positivo dell'Italia e degli italiani verso l'incontro venga proprio dai nostri figli, che vivranno come del tutto normale e quotidiano il fatto di essere cresciuti fianco a fianco, insieme, con persone che hanno i genitori e i nonni diffusi in tutto il mondo."
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