mercoledì 23 marzo 2016

Prevenire gli incidenti stradali mettendo gli autisti in condizione di lavorare con più diritti e una paga certa

Due giorni, dico due, dopo che sono morte le ragazze Erasmus in gita e già accorrono speculatori che cercano di inventarsi nuovi obblighi per i passeggeri sul pullmann, cinture di sicurezza etc. ovviamente immagino con responsabilità aggiuntive per l'autista sui controlli. Non faccio il nome delle associazioni per non fare ingiuste pubblicità a chi cerca di guadagnare attraverso formazione e nuove norme onerose. 
Aspetto qualcuno che pensi alle ore di riposo obbligatorie per gli autisti, anche dei camion. Mi aspetto un caos nel sindacato dei lavoratori del trasporto, per rivedere le modalità di pagamento e il doppio autista quando il viaggio dura più di 8 ore - pagamento sicuro anche nei giorni di riposo senza preoccupazioni che dipenda dalla tipologia contrattuale. Multe per le aziende che anche solo pensano di invitare gli autisti a guidare senza un cambio per due giorni consecutivi. Invece no, accorrono gli speculatori della formazione pronti a accaparrarsi un piccolo spazio di visibilità. Immagino che il passaggio successivo sia di dare una multa alle ragazze che in gita ci vanno per divertirsi e 12 ore sedute non ci stanno senza chiacchierare o cambiare di posto, ma ovviamente senza toccare la mega azienda di autobus perché loro fanno impresa e c'è crisi quindi poverini non si può attivare il sindacato. Mi aspetto che si attivino tutti per tutelare chi lavora alla guida, e che tutti quando saliamo su un autobus per un viaggio lungo ci attiviamo per verificare che ci sia il doppio autista e protestiamo con l'azienda se non c'è o non è pagato correttamente. Con l'azienda, non con l'autista e non con i vicini se hanno o non hanno la cintura. Anche sugli aerei non c'è l'obbligo di cintura se non durante l'atterraggio o il decollo o turbolenze che vengono indicate, proprio per rendere il viaggio più confortevole. 
Nuovi obblighi non prevengono, se mai rendono più complicato e più oneroso il viaggio. 
Pensiamo a quante politiche per la sicurezza sono state fatte per le auto, e se queste hanno o no ridotto il rischio di incidenti: hanno introdotto la revisione obbligatoria, il risultato è che se non conosci il meccanico ti spennano 200 € con qualche scusa, e se anche la macchina fosse perfetta 80 € minimo, se no se ti fermano multa salatissima per revisione mancante. Hanno introdotto l'obbligo di catene a bordo in inverno, perfetto molto utile peccato che poi le persone non le sanno montare. Mettono dossi ovunque convinti di far rallentare le auto, arricchiti i meccanici che devono cambiare gli ammortizzatori. Stabiliscono una multa di 89 € per chi ha le lampadine bruciate, ma poi di anno in anno costruiscono macchine che per cambiare un anabbagliante devi smontare tutto il blocco del faro (col mio vecchio pandino bastava aprire il cofano e due minuti la lampadina era sostituita, in qualunque fascia oraria, in qualunque parcheggio a caso, senza dipendere da nessuno), in sostanza i vigili si arricchiscono della multa e ci sono in giro molte più auto senza luci di notte, alla faccia della sicurezza.
Ora visto che sulle auto non ha funzionato nulla come prevenzione, mi chiedo se sui pullmann - visto che si tratta di aziende che includono quindi un lavoro che deve essere svolto in sicurezza e adeguatamente formato - non si possa cambiare strada e invece di pensare a chi far pagare cosa e a far guadagnare chi ci specula, ragionare subito sul lavoro. Esistono per esempio furgoni che fanno consegne con p.iva pur lavorando per corrieri, è corretto? Ha senso che chi guida per lavoro debba pensare di essere pagato a consegna, a cottimo, a giornata, a chiamata o in altre modalità simili e poi ci si aspetti che quella stessa persona stia a casa un'intera giornata dopo aver guidato, che so, 12-14 ore consecutive? Se il riposo non è retribuito? Probabilmente non è il caso dell'autista del bus spagnolo, sicuramente ogni casistica è differente e non serve generalizzare, ma prevenire lo si può fare solo andando ad ascoltare le storie delle persone che lavorano nel settore e capendo come migliorare in quell'ambito, non demonizzando l'autista e pensando a come introdurre obblighi costosi che probabilmente non sarebbero comunque rispettati. 
Una postilla aggiuntiva: so già che qualcuno dirà che le auto sono private e i pullmann offrono un servizio pubblico. Non paratevi dietro un dito. Le aziende dei pullmann e dei camion e dei vari furgoni in giro per consegne sono private anche loro, altrimenti non assumerebbero con contratti assurdi e ci sarebbe un minimo di controllo sul lavoro, il motivo per cui non si fanno i controlli è che altrimenti si teme di danneggiare l'impresa, cioè il privato, che tratta le risorse umane come una merce. E le auto private saranno anche private, ma sono uno strumento di emancipazione che evita di vivere facendo i parassiti nelle vite degli altri (conosco innumerevoli persone che prima scelgono di non avere la macchina poi hanno bisogno di taxi da mattina a sera) e in molte parti d'Italia sono l'unico mezzo non solo per andare al lavoro ma anche per trovarlo. Non probabilmente in questa zona della Lombardia dove un po' di mezzi di trasporto ci sono - ma comunque non coprono come ampiezza e sicurezza tutte le fasce orarie in cui uno potrebbe voler lavorare - ma ci sono zone dove senza una macchina non arrivi neanche all'azienda più vicina. Quindi sì è un mezzo privato come lo è un pullmann di un'azienda privata, cioè con gli stessi diritti di essere utilizzato con dei costi ragionevoli e senza speculazioni aggiuntive. Se il pubblico può interferire nei costi di vita obbligatori di tutti noi, può interferire anche sui contratti di lavoro di aziende private, ovviamente c'è la volontà di farlo. 

lunedì 21 marzo 2016

Se ne è andato un pezzetto della nostra Italia migliore

Un pensiero a Francesca, Elisa V., Valentina, Elena, Lucrezia, Serena, Elisa S., perché erano giovani, avevano l'età che avevo io quando sono partita per l'Erasmus. Perché stavano costruendo insieme alle altre un'Europa diversa in cui siamo tutti concittadini. Il mio pensiero va subito ai loro sogni infranti, perché quando una ragazza è in viaggio e ha aspettative sul futuro, sulla vita, ha la testa piena di sogni. Ricordo la mia partenza per Swansea, la curiosità e l'idea di trovare una casa nuova con coinquilini sconosciuti, e penso a quelle ragazze, a quanti pensieri e desideri di futuro nelle loro testoline giovani e cariche, piene di vita. 



Oggi abbiamo perso uno dei pezzi migliori dell'Italia: l'Italia veramente europea, quella che sente Bruxelles uguale a Roma e una studentessa ligure vicina come una olandese, quella delle notti a studiare prima di un qualsiasi esame poi pensando tanto andrà comunque come andrà. Quella di quando si è piccole e si crede che fare l'università ti renda importante, diversa, speciale, senza rendersi ancora conto che il mondo del lavoro non vedrà affatto tutto questo. Le chiacchiere in un inglese ostentato all'inizio, capendo poco dell'interlocutore se ha un accento diverso, poi dopo qualche mese il sentirsi davvero a casa. Abbiamo perso quel tempo che avevano speso sui libri a leggere, i progetti che stavano costruendo, le parole che avrebbero scritto, le feste a cui non parteciperanno più, lo spettacolo che non hanno visto. 
La versione di greco del mio esame di maturità di intitolava "l'uomo è cittadino del mondo", era di Epitteto. Ricordo alcuni momenti in cui dopo qualche settimana di Erasmus ripensai a quella versione e mi dissi: ma sì, è vero, ci erano arrivati quasi 2000 anni fa, ma da dove venivano le strane paure delle altre studentesse della mia università che non erano mai partite? Boh. La nuova vita ormai appariva così normale e semplice da gestire. 
Oggi abbiamo perso delle giovani menti, un piccolo pezzo della speranza del futuro del nostro Paese, un piccolo contatto con l'Europa. Ma quei sogni in continuo cambiamento sono andati persi con quelle vite? Forse possiamo continuare a farli vivere noi, nel desiderio di futuro, nella voglia di avventura e di cambiamento, nel modo in cui affrontiamo il racconto di quello che ci accade intorno, con stupore verso il nuovo, sdegno verso le ingiustizie, ancora mai rassegnati <3 

giovedì 17 marzo 2016

Intervento dell'on. Rampi alla conferenza stampa per l'adesione della Turchia all'Unione Europa

Riporto l'intervento di ieri pomeriggio dell'on. Roberto Rampi alla conferenza stampa  sull'appello rivolto al Governo italiano per l’immediata apertura dei capitoli 23 e 24 del negoziato di adesione della Turchia all’Unione europea, in vista del Vertice di Bruxelles di oggi e domani.





"Si è parlato di un tema culturale: la presenza della Turchia in Europa è innanzitutto un grande tema culturale, che ha a che vedere con qual è l’Europa che noi abbiamo in mente. Oggi durante il dibattito parlamentare è stata rievocata una frase di Aldo Moro: se l’Europa deve essere un’Europa del nord o un’Europa mediterranea e come si è detto in fondo questa scelta non esiste perché l’Europa non può che essere un’Europa mediterranea, con il Mediterraneo al centro. Io ricordo sempre che una parte di noi appartiene e ha in comune centinaia di anni di storia con la Turchia. La storia dell’impero bizantino è una storia che si dimentica come una componente fondamentale culturale dell’Europa.Allora se l’Europa è un progetto ambizioso di scenario, di visione, di futuro, deve guardare a questo orizzonte di tempo e poi affrontare nella concretezza dell’oggi i temi di quale sia la contingenza del governo turco, di quali sono i problemi in questo momento politico della storia della Turchia, tra l’altro magari facendosi anche qualche autocritica, perché probabilmente se l’Europa si fosse comportata in maniera differente nei confronti della Turchia non oggi ma 10 anni fa – la politica è anche questo – probabilmente avrebbe agito in maniera diversa nel determinare gli avvenimenti successivi della politica interna. Probabilmente avrebbe dato alla Turchia un altro tipo di orizzonte rispetto a quello a cui in fondo anche noi abbiamo portato con i nostri comportamenti e con questo infinito processo di avvicinamento, che produce un effetto di diffidenza, di distanza, di lontananza, di disinteresse e della costruzione di politiche altre che poi è quello che è oggettivamente accaduto.




Credo che dire oggi in momenti così delicati che questo è un motivo e un significato storico e culturale fondamentale sia ancora più valido. Noi siamo forse degli utopisti? Non lo so, io credo che l’utopia sia un fondamento per la politica, che non vuole dire non avere la consapevolezza dei problemi concreti che ci sono però vuol dire avere in mente un orizzonte. L’Europa che noi abbiamo in mano oggi è un’Europa che o è troppo grande o è troppo piccola. Allora io credo che la risposta sia che è troppo piccola, troppo piccola in termini territoriali ma anche troppo piccola in termini valoriali e in termini di capacità di rispondere alle grandi sfide. Oggi pensare che di fronte a un problema epocale come quello delle migrazioni la risposta per qualcuno è chiudersi e la risposta per qualcun altro è trovare degli accordi parziali per scambiare qualche elemento economico con qualche elemento di gestione della vita di milioni di persone, ecco forse è un po’ lontano dall’ambizione del sogno europeo.  

Io credo che noi dobbiamo tornare all’ambizione del sogno europeo e nel tornare all’ambizione del sogno europeo avere in mente che una parte fondamentale della cultura europea è nata, è cresciuta e si è sviluppata in quelle città che sono oggi oggetto di violenza e che sentiamo magari un po’ meno vicine di altre città europee.


Sei anni fa quando Istanbul è stata capitale europea della cultura ho avuto la fortuna di partecipare e forse mai come in quel momento si è capito quanti elementi culturali fondamentali dell’Europa sono transitati e sono stati portati a noi negli anni attraverso quel grande patrimonio culturale che oggi la Turchia rappresenta e che invece viene troppo spesso rappresentato come altro magari anche da una parte della politica interna turca che proprio per questo va forse orientata in un’altra direzione."

Riporto inoltre il testo dell'appello sottoscritto da più parti:

MANIFESTO-APPELLO

al Consiglio europeo, al Consiglio dell’Unione europea, alla Presidenza del Consiglio dell’Unione europea, alla Commissione europea, al Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, al Parlamento europeo, ai Governi e ai Parlamenti degli Stati membri dell’Unione europea, al Segretario generale del Consiglio d'Europa, all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, al presidente della Corte europea dei diritti dell'Uomo, al Governo e al Parlamento della Repubblica di Turchia. 


PER L’IMMEDIATA APERTURA DEI CAPITOLI 23 E 24 DEL NEGOZIATO DI ADESIONE DELLA TURCHIA ALL’UNIONE EUROPEA

CHIEDIAMO

a tutti gli attori del rapporto euro-turco, di elevarsi al di sopra delle contingenze e delle convenienze immediate, dei particolarismi e degli egoismi nazionali, inserendo le iniziative di gestione dell'emergenza migranti nel contesto – consolidato e condiviso – del negoziato di adesione della Turchia all'Unione. I veti all'esame dei capitoli negoziali, sin qui opposti, contraddicono il fine stesso della costituzione dell’Unione europea, che è di includere nel proprio seno i popoli d’Europa che ne facciano richiesta, per condividere un grande progetto di libertà e di democrazia. Quei veti rappresentano un inaccettabile regresso dalla dimensione comunitaria ad una di mero livello interstatale, foriera di conflitti e ricatti, che paralizzano il progetto politico europeo, che è anche progetto di libertà, di democrazia, di apertura al futuro;

al Parlamento europeo, di salvaguardare lo scopo stesso delle Istituzioni comuni, censurando la linea di condotta – sin qui seguita dagli organi dell'Unione verso la Turchia – nell’ambito della logica della cooperazione interstatale o, peggio, dello scambio utilitaristico, a discapito dei diritti umani dei migranti e della possibilità del dissenso interno di appellarsi all'alto patrocinio delle Istituzioni europee. La Turchia ha bisogno di riprendere con vigore il cammino riformatore interrotto e di procedere all’adeguamento del proprio ordinamento a quello comunitario; ma noi temiamo che, senza la prospettiva di un immediato ingresso nell’Unione europea, il paese possa andare incontro a ulteriori e gravi tensioni e ad una regressione autoritaria. 
In vasti strati della società turca persiste un grande bisogno di Europa. Per le nuove generazioni l’Europa è uno spazio di libertà al quale sentono di appartenere; i giovani chiedono di contribuire a promuovere e a far crescere una democrazia compiuta. Anche per questo non sarebbe lungimirante tenere ancora bloccati i capitoli del negoziato di adesione;

al Consiglio dell'Unione di superare i veti incrociati di alcune cancellerie europee, che nello scorso decennio hanno imposto il blocco di oltre la metà dei capitoli negoziali. La conclamata disponibilità, reiterata ancora il 7 marzo 2016 dal Capo del Governo turco, a porre immediatamente sotto scrutinio cinque di questi capitoli – tra cui quelli relativi al sistema giustizia e diritti umani (23 e 24) – non deve essere lasciata cadere: occorre anzi mettere in mora il Governo turco in ordine alle criticità della situazione delle libertà fondamentali, raccogliendone la sfida e procedendo alla verifica dei «Criteri di Copenaghen» ai fini dell’adesione della Turchia all’Unione;

alla Commissione europea di aggiornare immediatamente gli screening condotti dieci anni fa sul sistema giustizia e diritti umani: non si ammette così che il processo di verifica del benchmark darà necessariamente esito positivo, ma si ingaggia il Governo turco in un dialogo direttamente sui singoli dossier (libertà di stampa, informazione, Stato di diritto);

ai singoli governi nazionali degli Stati dell'Unione europea, di sottrarre un alibi alla dirigenza della Turchia che – nell’unilateralismo dell’esclusione e nella predica fine a sé stessa, cui i singoli Governi indulgono troppo spesso senza voler davvero sbloccare la situazione – trova argomenti per eccitare il sostegno interno, nel contesto di una già esasperata polarizzazione sociale. Se la crisi dei migranti lascia intravedere nuove e pericolose linee di frattura, la responsabilità è anche da ascrivere alla miopia politica dell'Europa. L'Unione potrà recuperare attraction power soltanto impegnandosi ad assicurare un saldo ancoraggio europeo alla penisola anatolica ed un trattamento umano, secondo standard europei, a chiunque vi si trovi. 

CHIEDIAMO

PER TUTTE QUESTE CONSIDERAZIONI, 
L’IMMEDIATA APERTURA DEL CAPITOLO 23, SU «SISTEMA GIUDIZIARIO E DIRITTI FONDAMENTALI» E DEL CAPITOLO 24 SU «GIUSTIZIA, LIBERTÀ E SICUREZZA», FACENDO CADERE OGNI VETO ALLA RIPRESA DEL NEGOZIATO DI ADESIONE

sabato 12 marzo 2016

La sentenza del 9 marzo e la legalizzazione della cannabis: un percorso ancora possibile?

Io sono contro il proibizionismo. Sono convinta che proibire qualcosa non serva mai a nulla se non a lasciarlo in mano alle mafie e a indurre ancora più in tentazione chi vuole trasgredire. La funzione della politica è quella di normare una realtà che esiste, quella della magistratura emettere sentenze quindi è corretto che le due strade si incontrino ma non si sovrappongano. Dopo la sentenza del 9 marzo sulla coltivazione della cannabis, credo che sarebbe positivo arrivare a una legalizzazione ufficiale della cannabis attraverso una legge parlamentare, anche se si tratta di un percorso lungo. Le dinamiche del compromesso, che tanti temono su questa tematica e non solo, non sono solo le "dinamiche della politica" descritte come qualcosa di lontano da noi e cattivo: sono le dinamiche della vita. Se due realtà partono da due posizioni opposte e si incontrano, si incontrano ovviamente a metà strada. Questo implica o di vedere il bicchiere mezzo vuoto - che cosa si è perso da entrambe le parti? - o di vedere il bicchiere mezzo pieno - che cosa si è guadagnato da entrambe le parti? - avvicinandosi e trovando un punto di incontro. Passo dopo passo funziona, e si può arrivare a dei risultati concreti per tutti. Questa sentenza è probabilmente un passo non sul sentiero migliore, ma è così: quando si cammina in montagna, ci si perde, si tentano sentieri nuovi, ci si ferma a volte. Allo stesso modo quando si porta avanti una battaglia comune e si cerca di arrivare ad un risultato si troveranno degli ostacoli lungo il percorso. Non sconfitte necessariamente né muri insormontabili, ma come in un sentiero piccoli bivi, dubbi, domande irrisolte, persone semplicemente con opinioni differenti. Non sono nemici, sono parti del percorso che si costruirà solo insieme.

martedì 8 marzo 2016

8 marzo ... dedicato a voi

Una festa della donna per voi, donne vere, reali e non stereotipate. Per voi che non ve la tirate dicendo che fate 8 cose insieme male, per voi che avete delegato e quindi fate solo quello che vi va quando riuscite e come riuscite e non sempre bene, per voi che non andate in giro dicendo che siamo delle eroine perché una volta al mese abbiamo un po' di mal di pancia, per voi che non vi ritenete superiori agli uomini e non prendete in giro i loro neuroni con giri di parole da preadolescenti, per voi che quando un'amica o una sorella sono vittima di violenza aprite le porte di casa generosamente e la accogliete, ascoltandola e investendo del tempo per farla uscire dal tunnel.
Per voi che non amate i bimbi per forza, al massimo vi piacciono i vostri di figli ma quelli degli altri non li potete sopportare soprattutto in massa tutti insieme, ed esattamente come un uomo lo dite senza taboo. Per voi, che andate a ballare anche se siete fidanzate o sposate, per voi che avete scelto di non sposarvi nonostante le pressioni di famigliari e compaesani e vivete la vostra vita libera. Per voi, che ogni giorno guardate il mondo con la vostra testa e non col vostro corpo, per voi che quando rimanete incinte non buttate fuori i gatti di casa e non tagliate i capelli perché altri vi hanno detto "si è sempre fatto così",  e poi per voi che avete scelto di non fare figli perché la persona che amavate stava con un'altra e non volevate una storia di comodo, per voi che vi innamorate ogni primavera e per voi altre che non vi innamorate mai ma non per questo siete sbagliate.


Per voi donne anziane che avete scelto di contrastare le abitudini delle vostre coetanee non imponendo a figlie e nipoti il vostro stesso stile di vita, per voi che non avete insegnato alle vostre figlie a cucinare e pulire perché lo impareranno se sarà necessario quando si troveranno a vivere da sole o in compagnia, per voi che avete insegnato ai vostri figli ad amare in modo sano e non possessivo. Per voi, che i risparmi di famiglia non li avete tenuti sotto il materasso aspettando di pagare un matrimonio da 200 invitati alla figlia ma le avete pagato l'Erasmus, lo stage all'estero, la macchina, per accertarvi che fossero libere di vivere pienamente. Per voi che avete voluto guidare e non usare gli uomini come taxi di comodo, per voi che avete preteso una macchina anche se in casa c'era un fratello a cui volevano comprarla prima perché ora da adulte siete libere di muovervi e non di pesare sugli altri e sulle altre rompendo le scatole a tutti per avere un taxi gratis.
Per voi che amate viaggiare da sole perché il viaggio in solitaria non è una vacanza è un modo di vivere, per voi che non sopportate quelle che vanno al mare a Riccione dicendovi che è l'unica vacanza possibile con i pargoli, per voi che anche con i bambini continuate a viaggiare e a portarli in giro per il mondo perché crescano con la mente aperta e con meno paranoie. 
Per voi, che avete detto no ai tacchi 10 ore al giorno, e che quando vi hanno chiesto esplicitamente di portarli avete di nuovo detto no perché sono scomodi e devono essere solo una scelta e non un obbligo.
Per voi altre, che avete amato il vostro lavoro, i vostri viaggi, i vostri uomini e i vostri hobby al pari dei figli, per voi che ve ne fregate dell'arredamento di casa e che avete contribuito a far accettare socialmente gli abiti stropicciati, per voi che siete andate in lavanderia a pretendere di far stirare una camicia da donna anche se c'è scritto fuori "solo camicie da uomo", per voi che all'università avete scelto di uscire di casa e trasferirvi lontano mangiando toast tutti i giorni invece di tornare a casa la sera. Per voi che la suocera a pranzo non è un obbligo, e che correte a soccorrere un'amica con la ruota a terra alle due di notte anche dopo il 30 anni :)
Per voi che quando siete rimaste incinte per sbaglio a 20 anni non avete sposato né siete andate a convivere con il tizio che conoscevate da un mese e mezzo ma avete scelto di vivere la maternità in modo diverso, adatto al contesto in cui quel bambino è nato. Per voi che quando avete voluto abortire avete combattuto contro un sistema sanitario asservito alla chiesa, per voi che sapete che ogni donna è diversa e che il corpo che ci accomuna non è una condanna a vivere secondo canoni stabiliti da altri.
Questa festa la dedico a voi, perché sappiate sempre ogni giorno della vita rendere visibili i vostri comportamenti e esprimere la vostra opinione al pari di un uomo.
Buon 8 marzo amiche!

domenica 6 marzo 2016

Il dolore arrabbiato di Rosalba Failla

Dispiacere per il modo in cui sono state liquidate le parole della vedova di uno degli ostaggi morti in Libia, Rosalba Failla: ''Messaggio di Mattarella non ha valore. Lo Stato ha fallito'' e il suo invito a non fare l'autopsia in Libia. Dispiacere perché il dolore si esprime così, con rabbia, e la perdita della persona amata non è certo consolata dalle parole di un capo di stato che esprime "vicinanza" né può essere fatta un'autopsia senza l'autorizzazione dei famigliari. Dispiacere, perché la società dello spettacolo ci ha abituati forse ad un'espressione del dolore di classe, elegante, radical chic, come quella dei genitori di Valeria Solesin. Il dolore autentico di una persona che per mesi ha atteso con ansia il ritorno della persona amata e che l'ha scoperta morta in circostanze misteriose non può che essere così, vero, incazzato, senza nessuna comprensione per chi in qualche modo si è liberato da solo e soprattutto di fronte a una perdita le parole di un uomo lontano in giacca e cravatta non servono a nulla. Non esiste un dovere istituzionale dei cittadini a ringraziare le autorità per avere un trattamento privilegiato poi - sostegno della farnesina, funerali di stato, presenza istituzioni ai funerali, sostegno costi di rientro - perché per il Ministero degli esteri è un dovere occuparsi dei cittadini italiani all'estero. Semplicemente non doveva essere fatta l'autopsia lontano dalla moglie e andava rimpatriata la salma con rispetto umano. Rispetto per il dolore vero, che viene espresso come capita, in modo soggettivamente diverso da persona a persona. Certo potendo scegliere si fa più "bella figura" ad avere parenti e amici come quelli di Valeria Solesin, politicamente corretti. Ma l'amore non è sempre politicamente corretto, le parole espresso alla scoperta di una notizia così non sono sempre giuste, adatte, confortevoli. E non c'è alcun bisogno che lo siano, di fronte alla morte la reazione è spontanea e per elaborare il dolore è necessario che sia espressa. Del resto, perché dovrebbe dire grazie allo stato una vedova? Per ricordarsi per il resto della vita di aver tradito la persona amata con parole finte proprio un attimo prima dell'ultimo saluto? Non avrebbe senso alcuno nel contesto. 

mercoledì 2 marzo 2016

Istituzione del fondo per il pluralismo nell'editoria

In breve sulla legge delega Coscia-Pannarale approvata oggi alla Camera, relatore on. Rampi.


Istituzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell'editoria, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti.

Perché questo provvedimento?
- Assicurare diritti, libertà, indipendenza e pluralismo dell’informazione a livello locale e nazionale. 
- Incentivare l’innovazione dell’offerta informativa, distribuzione e vendita.
- Capacità delle imprese del settore di investire e acquisire posizioni di mercato sostenibili nel tempo.
- Sviluppo di nuove imprese editrici anche nel campo dell’informazione digitale.

RIGUARDO ALL'ISTITUZIONE DEL FONDO PER IL PLURALISMO IN PARTICOLARE:

Da dove proverranno i fondi?
- Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria.
- Risorse statali destinate a radio e tv locali.
- Una quota dell'eccedenza del canone Rai (un terzo e comunque non superiore ai 100 milioni di €).
Le somme derivanti dal gettito annuale di un contributo di solidarietà pari allo 0,1 per cento del reddito complessivo dei seguenti soggetti: concessionari della raccolta pubblicitaria; società operanti nel settore dell'informazione e della comunicazione che svolgano raccolta pubblicitaria diretta; altri soggetti che esercitino l'attività d'intermediazione nel mercato della pubblicità

In brevissimo le principali novità 


A chi sono destinati?
- a cooperative giornalistiche, individuando per le stesse criteri in ordine alla compagine societaria e alla concentrazione delle quote in capo a ciascun socio. 
- a enti senza fini di lucro. 
- a imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti non aventi fini di lucro.
- alle imprese editrici di quotidiani e periodici espressione delle minoranze linguistiche. 
- alle imprese e gli enti che editano periodici per non vedenti e per ipovedenti, prodotti con caratteri tipografici normali o braille, su nastro magnetico o su supporti informatici, in misura proporzionale alla diffusione e al numero delle uscite delle relative testate.
- alle associazioni dei consumatori, a condizione che risultino iscritte nell’elenco istituito dall’articolo 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206. 
- alle imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani in lingua italiana editi e diffusi all’estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all’estero.

Chi NON riceverà alcun contributo? Questo è un aspetto fondamentale da chiarire perché c'è stata tanta mala informazione da parte di testate che mirano a criticare l'operato del Governo sempre e comunque. Non riceveranno contributi: 
- gli organi di informazione dei partiti, dei movimenti politici e sindacali, dei periodici specialistici a carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico.
- tutte le imprese editrici di quotidiani e periodici facenti capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in borsa (in pratica i grandi quotidiani nazionali - SPA). 

Come si accede ai contributi?
Superamento della distinzione tra testata nazionale e testata locale
Per le testate online, in funzione dell’aggiornamento dei contenuti e del numero effettivo di utenti unici raggiunti
Valorizzazione delle voci di costo legate alla trasformazione digitale dell’offerta e del modello imprenditoriale
Incidenza percentuale del contributo comunque nella misura massima del 50 per cento  del totale dei ricavi dell’impresa
Non pubblicare pubblicità lesive dell’immagine e del corpo delle donne
Previsione di criteri premiali per l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori di età inferiore ai 35 anni e per azioni di formazione e aggiornamento del personale, nonché per l'attivazione di percorsi di alternanza scuola-lavoro 
Graduazione del contributo in funzione del numero di copie annue vendute

E per la rete delle edicole? L'impianto della legge riconosce l'importanza delle edicole come luogo di incontro e di informazione, e in molte piccole realtà territoriali come unico strumento per venire a conoscenza dei fatti che riguardano l'intera comunità. Cosa si farà quindi per agevolare la loro possibilità di sopravvivere alla crisi ed evolversi? 
- Attuazione del processo di progressiva liberalizzazione della vendita di prodotti editoriali. Come? favorendo l’adeguamento della rete alle mutate condizioni, mitigando gli effetti negativi di breve termine, assicurando agli operatori parità di condizioni, con il divieto di sospensioni arbitrarie delle consegne, garantendo in tutti i punti di vendita il pluralismo delle testate presenti e non solo. 
introduzione di parametri qualitativi per l'esercizio dell'attività, nonché di una disciplina della distribuzione territoriale dei prodotti editoriali volta ad assicurare l'accesso alle forniture, senza il loro condizionamento a servizi o prestazioni aggiuntive, da parte di detti punti di vendita
- Promozione, con l’aiuto delle regioni, di un regime di piena liberalizzazione degli orari di apertura dei punti di vendita.
- Promozione di sinergie strategiche tra i punti di vendita, al fine di creare le condizioni per lo sviluppo di nuove formule imprenditoriali e commerciali.
- Completamento in maniera condivisa e unitaria dell’informatizzazione delle strutture, per connettere tutti i punti vendita e favorire la nascita di una rete  integrata capillare sul territorio. 


la proposta di legge approvata oggi alla Camera 


Qui il resoconto stenografico della seduta di ieri e qui della seduta di oggi.