giovedì 15 dicembre 2016

Il rapporto tra politica e beni culturali oggi nel convegno alla Triennale

Una mattinata ricca di spunti di riflessione e di approfondimento. Dall'assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno al ministro Dario Franceschini, il mondo politico ha voluto incontrare i commercialisti lombardi per discutere con loro di Art Bonus e detrazioni fiscali.
A due anni dall'entrata in vigore, Art Bonus si conferma un'idea innovativa che può ridare slancio agli investimenti culturali in Italia ma necessita di alcuni miglioramenti.
Racconta la passione per i progettti culturali e il restauro Irene Sanesi, presidente dell'opera di Santa Croce e della Commissione Economia della Cultura dell'UNGDCEC e racconta l'esperienza del lavoro svolto sull'Ultima cena del Vasari, a lungo considerato di pressoché impossibile recupero. Il capolavoro è nuovamente patrimonio collettivo visibile presso la basilica di Santa Croce a Firenze grazie al prezioso lavoro svolto da parte dell'Opificio delle Pietre dure di Firenze, a tutti coloro che hanno scelto di investire nel suo restauro e alla collaborazione del ministero. Per questo restauro grazie ad Art Bonus sono stati raccolti 150.000 euro.

E' un mondo che ha oggi più che mai bisogno di competenze specifiche.
Art Bonus sta dando la possibilità da due anni di fare donazioni per la tutela del patrimonio culturale italiano: in due anni è stato introdotto, stabilizzato e reso permanente atraverso l'introduzione di un credito di imposta del 65% per le donazioni in favore della cultura.
Ma come si attiva il dono? 
In questa fase sperimentale, forse non ancora nel modo migliore: i beni culturali vengono considerati ancora poco dei cittadini e molto dello Stato, per cui si passa a Art Bonus solo dopo aver atteso il supporto dello Stato. 
Secondo le ricerche effettuate sui donatori degli ultimi due anni, solo nel 14% dei casi sono interessati alla defiscalizzazione.
D'altro canto, nei primi 10 che hanno ricevuto da Art Bonus ci sono enti che avrebbero ricevuto comunque donazioni perché già molto conosciuti, molto legati al territorio o perché i mecenati erano già legati a quel bene culturale: il Teatro alla Scala di Milano, il Museo Egizio di Torino, l'Arena di Verona e la sua Fondazione, il Teatro Franco Parenti di Milano e poco dietro il Teatro Regio di Parma e il Donizetti a Bergamo.
Piccole realtà cittadine, piccole perle di bellezza in borghi che dovrebbero essere il fiore all'occhiello della nostra Italia sono invece state in parte trascurate dai donatori. Si trattava di beni la cui rilevanza per la comunità era meno sentita o i potenziali donatori non erano stati coinvolti nel modo migliore? 
Dobbiamo cominciare a non considerare più il dono come il bastone della vecchiaia dello Stato: è importante che qualcuno se ne occupi, per favorire la comunicazione tra chi ha bisogno delle risorse e chi può darle. Il dono deve entrare a far parte della prospettiva di comunità. 
Uno dei primi passi da fare in futuro è riuscire a sconfiggere l’idea che donare significa privarsi di qualcosa perché finché passa l’idea che si sta trasferendo ricchezza e non che si sta creando qualcosa, è durissima da spiegare: si tratta piuttosto di una scelta libera e volontaria che darà valore alla comunità aiutando a tutelare e valorizzare i beni culturali che ne sono parte integrante.
Potrà essere un'opportunità sia per il mecenate sia per chi riceve l'erogazione liberale ma solo cambiando l'orizzonte di visione.
Nel corso del convegno, sono stati presentati i risultati di una ricerca condotta dagli studenti del master del Sole 24 Ore in Economia e Management dell'Arte e dei Beni Culturali sulla suddivisione degli interventi di Art Bonus nelle varie regioni d'Italia.




 


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