martedì 27 dicembre 2016

Perché tutta questa insofferenza verso Maria Elena?

Maria Elena Boschi foto di Vogue Italia
Perché tutto quest'astio verso Maria Elena Boschi? Me lo sono chiesta più volte, vedendola sempre preparata, composta, e bravissima nella comunicazione ogni volta che è ospite di qualche programma televisivo. La ministra può aver sostenuto proposte non sempre popolari, ma neanche così tante rispetto ad altri colleghi uomini e l'astio e la satira sessista nei suoi confronti sono nati prima ancora che lei sostenesse qualunque provvedimento. Madrina della riforma costituzionale, di fronte ad ogni argomentazione positiva sul futuro del Paese e nel merito dei contenuti della riforma, riceveva spesso soltanto critiche riferite all'aspetto, al modo di vestire, al suo essere giovane. 
Dunque, confrontando i diversi articoli critici nei suoi confronti sono giunta alla conclusione che la causa dell'astio diffuso nei suoi confronti sia dovuta a 3 fattori: la femminilità, la giovane età, la preparazione. Che in Italia ci sia un pregiudizio diffuso verso il nostro genere femminile non è né un segreto né una scoperta recente: l'idea che certi ambiti lavorativi e politici siano appannaggio degli uomini è dura da scardinare e spesso è un'idea avallata dalle stesse donne, con il loro comportamento e le scelte di vita che tentano di imporre alle loro simili spacciandole per unica strada possibile. Ma di questo ho già a lungo scritto e a lungo scriverò. 
La giovane età va a scardinare un'altra idea diffusa dell'italiano: chi è giovane deve fare strada, gavetta, imparare dai vecchi. Se il giovane è innovativo spesso viene visto come un rischio, qualcuno su cui non investire: lo abbiamo visto con gli innumerevoli detrattori di Matteo Renzi, visto come troppo giovane nonostante avesse 39 anni al suo ingresso in politica. Oggettivamente, dopo i 30 anni non si è solo "giovani". Si è anche e prima di tutto maturi. L'adolescenza e gli studi universitari sono ormai lontani, e tutta l'età adulta cioè quella lavorativa e compresa tra la fine degli studi e l'età pensionabile non è "gioventù" ma "età adulta". Ovviamente tutto ciò è di difficile comprensione per i nati degli anni '40 e inizio anni '50 che hanno sempre avuto in mano le fila del sistema e che nel vedere una nuova generazione crescere, formarsi autonomamente, affrontare il mondo con una visione nuova, paiono spesso spaventati. Non accettando una possibile rottamazione, cercano di riaffermare la propria esperienza come un valore e di fronte a un generico "sì grazie ne terrò conto ma ho già sviluppato delle idee" vanno in totale crisi e investono tutte le loro energie nel tentativo di ostacolare il percorso di crescita altrui. 
Terzo fattore, la preparazione. La competenza. Le conoscenze precise e puntuali e la capacità di approfondire. Questo elemento nel nostro Paese è spesso destabilizzante, lo si è visto anche con il modo di porsi verso la ministra Madia seppure in modo minore rispetto alla Boschi. Chi ha investito anni di vita nell'intelligenza interpersonale, lavorando solo sulle relazioni e sull'ambiguità, sul modo di comunicare evasivo, sui contatti dei propri contatti, vede con sospetto il fatto che una persona possa rispondere alle domande nel merito, approfondire i dati, confrontare le opinioni e fare una sintesi in modo chiaro ed esplicito e da lì proseguire con un metodo di lavoro condiviso. Talvolta semplicemente perché non saprebbero fare altrettanto, a volte molto più semplicemente perché c'è una paura generica che si realizzi l'ipotesi di un'Italia più meritocratica e più simile a tanti altri paesi europei - e anglosassoni - in cui non vi è dubbio che chi è responsabile di riforme e di cambiamenti che influenzeranno il futuro dei cittadini debba sapere rispondere nel merito alle domande e conoscere i contenuti su cui sta lavorando. 
Nell'immaginario collettivo se dovesse prevalere l'idea che per svolgere un compito si debbano avere studi e competenze, sarebbe difficile per molti italiani essere essi stessi oggetto del cambiamento necessario: significherebbe vivere in un Paese dove non conta più solo la capacità relazionale e la capacità di adattamento al contesto, ma anche le idee e la preparazione, e chi non ha idee e preparazione e voglia di fare poi che fa? 

Nessun commento:

Posta un commento

Prima pensa, poi scrivi